Eccoci a Bruxelles, nel teatro del Consiglio europeo, dove si rappresenta l’ennesimo atto di una commedia all’italiana: l’incapacità dell’Unione di fare fronte comune sulla questione dei migranti. Questa volta, però, la farsa prende una piega inattesa. Il sovranismo, quel cavallo di battaglia di Giorgia Meloni, si è rivelato un cavallo di Troia, portando divisioni e paralisi piuttosto che soluzioni. Ah, la dolce ironia!
Che spettacolo, signori! La Meloni, grande paladina della sovranità nazionale, si trova ad essere messa alla prova dagli stessi leader che ha tanto lodato. E chi sono questi titani che hanno bocciato le richieste dell’Italia? Nientemeno che Tadeusz Morawiecki e Viktor Orban, due iconici eroi del sovranismo al Parlamento europeo, che con le loro mosse hanno ridotto l’Italia a uno stato satellite.
Ma la Meloni, mai doma, trova il modo di peggiorare le cose. Per nascondere le divisioni all’interno del suo gruppo, si lancia in una giustificazione che strappa il sorriso: non critica Orban e Morawiecki, perché difendono gli interessi nazionali. Che bella mossa, cara Giorgia! Peccato che gli interessi nazionali che difendono vadano contro gli interessi del tuo Paese. Un cortocircuito logico degno di un episodio di Monty Python.
E così, tra i veti dei suoi grandi alleati e i suoi tentativi di mediazione infranti, la Meloni scopre che l’Europa delle Nazioni che tanto adora è un colosso dai piedi d’argilla. Certo, si è affrettata a proclamare che avrebbe difeso l’Italia con unghie e denti, ma alla fine, che cos’è successo? I suoi alleati l’hanno lasciata sola e il suo amato sovranismo si è rivelato un boomerang che le è tornato indietro.
“Cara Giorgia, hai visto? C’è sempre qualcuno più sovranista di te”, vorremmo dirle. Ma siamo troppo occupati a cercare di capire come risolvere i problemi reali che affrontiamo: un’Unione Europea paralizzata, una crisi dei migranti che non può più essere ignorata, e un’Italia che sta pagando il prezzo della tua retorica sovranista.
Il fallimento dell’accordo sui migranti ha rivelato l’abisso tra il sovranismo e la realtà europea. Non c’è posto per i sogni di gloria nazionalista in un’Unione che ha bisogno di solidarietà e cooperazione per sopravvivere. Cara Giorgia, forse è il momento di fare un passo indietro e riflettere su cosa significhi veramente essere un leader nell’Unione Europea. Speriamo solo che non sia troppo tardi. La tua corsa sovranista ha già causato abbastanza danni.
È ora di smettere di giocare con il fuoco della retorica nazionalista e di cominciare a pensare al vero interesse dell’Italia. E, ti preghiamo, lascia stare Orban e Morawiecki. Hanno già abbastanza problemi a gestire le loro politiche di frontiera senza dover fare i conti con le tue fantasie di sovranità.
Alla fine, la verità è una, cara Giorgia: il sovranismo non funziona. Non in Ungheria, non in Polonia, e certamente non in Italia. E quando le tue politiche danneggiano il Paese che pretendi di difendere, beh, forse è il momento di ammettere che hai sbagliato. Siamo sicuri che gli italiani capiranno. Dopotutto, c’è sempre qualcuno più sovranista di te. E in questo caso, sembra che tu stessa sei diventata vittima del tuo stesso gioco.
L’Europa ha bisogno di unità e di cooperazione, non di divisioni e di veti. E, soprattutto, ha bisogno di leader che capiscano che la solidarietà non è una parola vuota, ma l’unica via per affrontare le sfide che ci attendono. Quindi, Giorgia, pensaci bene prima di fare il prossimo passo. Non vorrai certo passare alla storia come la leader che ha distrutto, invece che difeso, il suo Paese.