Che la sua fosse solo propaganda russa (per un passato nei servizi? Per opportunismo? Per mera mania di protagonismo?) era stato chiaro fin dalla sua prima ospitata in tv, ma ora sono la sua stessa professionalità e competenza a venire messe in dubbio: il professor Alessandro Orsini non ha alcun titolo per parlare di geopolitica in tv e l’Osservatorio che dirigeva alla Luiss (prima che lo rimuovessero la scorsa settimana) non ha mai prodotto pubblicazioni al riguardo.
È la tesi del professor Francesco Ramella, sociologo dell’Università di Torino, che su La Stampa mette in luce come dietro l’assertività con cui si presenta in tv e la riconosciuta propensione allo studio, Orsini non sia titolato a parlare del conflitto ucraino in televisione. “Nei curriculum che ho potuto visionare online non trovo una singola pubblicazione scientifica sulla materia in cui si cimenta in tv – spiega -. Allora mi domando: lo si invita per la profondità o l’originalità de suo sapere scientifico, o perché sa creare un meccanismo morboso di attenzione mediatica? C’è troppa commistione in certi talk-politici tra il ruolo dell’esperto e quello dell’opinion maker”.
L’analisi sulle esperienze in materia di conflitti internazionali di Orsini ha prodotto poco e niente, ma ha svelato che l’accademico della Luiss è invece esperto di terrorismo. Tuttavia non ha mai azzeccato una previsione, e, soprattutto, anche come direttore dell’Osservatorio per la sicurezza internazionale della Luiss e prima (dal 2013 al 2016) come direttore del Centro per lo studio del terrorismo dell’Università di Tor Vergata, anche per queste esperienze non v’è traccia di prodotti scientifici. “La struttura non ha mai fatto nulla, è rimasta sulla carta” svela Franco Salvatori, all’epoca direttore del dipartimento di Tor Vergata in cui operava Orsini. La Stampa, poi, riporta anche di come alla Luiss nessuno sia stato in grado di spiegare quale organismo avesse la responsabilità di visionare il lavoro prodotto dal Dipartimento di Orsini.
Secondo la ricostruzione de La Stampa, anche l’attività di studi sociologici della star tv Orsini – uno “studioso” capace di affermazioni del tipo “la guerra è persa, o noi diamo a Putin quello che vuole o lui se lo prende lo stesso”, “Hitler non è responsabile dello scoppio della seconda guerra mondiale”, o “i bambini sono felici in dittatura, mio nonno lo è stato” – non è proprio trasparente. Divenuto noto per il volume “Anatomia delle Brigate Rosse”, realizzato con l’innovativo metodo Dria, su cui però lo stesso Orsini avrebbe fornito spiegazioni discordanti. “Ho l’impressione che con il suo lavoro Orsini voglia costituire tipologie e dinamiche generali” sentenzia Brian Sandberg, storico ed esperto di violenza religiosa della Northern Illinois University, a dimostrazione delle perplessità che Orsini genera in ambito accademico. Non a caso solo nel luglio 2020, al terzo tentativo, ha ottenuto dai colleghi l’idoneità per l’abilitazione all’insegnamento universitario di prima fascia di Sociologia generale, ma non di Sociologia politica. “Nei suoi lavori l’approccio metodologico è improbabile – sentenza l’ordinario di Sociologia politica della Luiss, Raffaele De Mucci, in relazione al collega Orsini -. Contrariamente all’insegnamento di Weber, è la realtà che deve adattarsi al modello, non viceversa”. Pollice verso anche da parte di Franco Pina, ordinario di Sociologia all’Università di Torino. “È più proteso a cercare conferme ai suoi schemi interpretativi – afferma sempre su Orsini – che a mettere alla prova ipotesi teoriche definite sulla scorta della letteratura o di proprie elaborazioni”. Stessa posizione che assume il professore di Sociologia dell’Università di Perugia Roberto Segatori, che liquida il “scerto riduttivismo interpretativo” di Orsini.
L’ex direttore dell’Osservatorio per la sicurezza internazionale della Luiss può certamente andare in tv, visto che continuano a invitarlo nei talk, a cercare di “mettere in discussione il pensiero tradizionale su determinati fenomeni politici”, come scrive lui stesso. Ma almeno non lo faccia, e non gli permettano di farlo, in qualità di “esperto”. Perché alla prova dei fatti – mancanza di esperienza, di pubblicazioni, poca trasparenza sui metodi e scetticismo dei colleghi – Alessandro Orsini esperto non lo