Così Giorgia Meloni fa il verso (male) a Mario Draghi

Una copia sbiadita del governo Draghi? La vecchia Giorgia, quella che stava con orgoglio all’opposizione e le cantava a quanti governavano, probabilmente sarebbe sconcertata, guardando allo specchio la versione da quasi-statista della nuova Giorgia. Gli elettori di FdI si sentiranno forse già traditi, ma qualcuno l’aveva giustamente anticipato: si sapeva che, per rassicurare i mercati e la Commissione europea, evitando un disastro sul piano economico, la “Melonomics” avrebbe dovuto portare avanti gran parte dell’«agenda Draghi», rispettando appunto le scadenze del Pnrr. Una scelta che comprenderà l’addio a molte delle promesse fatte in campagna elettorale. Con buona pace degli alleati Salvini e Berlusconi.

L’opposizione a prescindere, la via che fa ottenere consensi con facilità, ora ha lasciato il passo alla responsabilità e al buon senso, parole di cui Giorgia Meloni si sta riempiendo la bocca in questi giorni da premier in pectore. “Daremo risposte agli italiani” o “difendere l’interesse nazionale per trovare soluzioni comuni”, sono soltanto alcune delle frasi pronunciate dalla leader di FdI, che si sta rivelando da fuori più “draghiana” dello stesso Mario Draghi. Beninteso, la via del pragmatismo è necessaria. Prendiamo il problema della crisi energetica. Nell’unico giorno di riposo alla fine di una settimana di lavoro a testa bassa, Giorgia Meloni è tornata a battere su un concetto che le sta parecchio a cuore: «La priorità è fermare la speculazione sul gas. Continuare all’infinito a compensare il costo delle bollette regalando soldi a chi si sta arricchendo sulle spalle di cittadini e imprese sarebbe un errore». Difatti la vincitrice delle elezioni non è al lavoro solo per mettere su un’ottima squadra di governo, in cui sembra sempre più intenzionata ad avere dei tecnici, ma sta focalizzando l’attenzione sull’emergenza del gas. Sa di giocarsi lì una partita importante. E per paura di mancare il rigore a porta vuota la Meloni sta strizzando l’occhio al lavoro dell’economista. Il dialogo con il governo Draghi c’è, è costante in queste ore.

È stato lo stesso ministro per la Transizione ecologica in carica, Roberto Cingolani, a confermare i contatti continui: «Ho ovviamente informato di qualunque sviluppo internazionale mi stessi occupando. È mio dovere concordare con il premier ma, in accordo con lui, avvisare chi viene dopo della direzione in cui stiamo andando e per quali motivi». Come scrive Claudia Fusani su Tiscali l’impressione è che Meloni per non sbagliare voglia continuare a battere il sentiero intrapreso dall’ex numero della Bce. «Il governo di Mario Draghi è passato da essere quella roba che mandava in rovina l’Italia a un soggetto attivo a tutela del bene del Paese. La presidente Meloni maestra di fair play e politically correct. Se la metamorfosi sia sostanziale o di facciata, servirà qualche mese per capirlo», le parole della Fusani. E il timore di un governo tecnico spaventa soprattutto la Lega. Secondo un retroscena de «La Stampa», la leader di Fratelli d’Italia ha l’obiettivo di presentare presto una squadra di qualità che convinca tutti. E per questa ragione starebbe pensando anche a dieci tecnici in squadra su 15 ministeri con portafoglio.

Ma ancora sono tanti i nodi da sciogliere, a partire dal ruolo di Salvini nell’esecutivo. Nei giorni scorsi si era parlato, per il leader della Lega, in caso sfumasse il sogno del Viminale, del ministero dell’Agricoltura o del Lavoro, e in parallelo l’eventuale nomina a vicepremier. “La Stampa” aggiunge alla lista “le Infrastrutture e forse anche lo Sviluppo Economico”. Ospite di Giuseppe Brindisi a “Zona bianca”, Vittorio Sgarbi ha stupito poi tutti con una proposta inattesa: «Abbiamo una agenda Draghi che è stata sostenuta dall’opposizione, che non ha portato alla vittoria ma a un rapporto stretto tra il governo Draghi e il governo Meloni. Non so se la responsabilità morale e politica di Draghi possa essere invocata, ma io una proposta a Draghi di assumere il Ministero dell’Economia la farei». Sul serio, Draghi ministro del governo Meloni? Ma allora perché far cadere il governo? Perché mai avere una brutta copia se potevamo godere dell’originale?