roberto speranza

Cosa rischia la sanità italiana tra piani di rientro e riforma della medicina territoriale

Non arrivano notizie incoraggianti dalla Conferenza delle Regioni che si è tenuta lo scorso 16 Marzo presso il Ministero della Salute e che disegnano un Sistema Sanitario Nazionale in balia di notevoli problemi economici. Alla difficoltà di reperire i fondi necessari a coprire gli aumenti di spesa dovuti alla pandemia, si aggiunge la mancanza delle risorse necessarie ad attuare a pieno la riforma della medicina territoriale, da cui dipende la possibilità di attingere a circa 8 miliardi di Euro messi a disposizione dall’UE all’interno del PNRR.

I titolari degli Assessorati Regionali hanno approvato il riparto del fondo che prevede un trasferimento alle Regioni di soli 800 milioni di Euro per la copertura delle spese Covid dell’anno in corso, a fronte di una spesa preventivata di 4,8 miliardi. Briciole rispetto al necessario che aprono la strada allo spettro di piani di rientro. Una situazione che si scontra con la necessità di un’ulteriore aumento di spesa necessario al rientro delle liste di attesa per esami ed interventi posticipati causa emergenza sanitaria. Fondi che il Ministero non ha a disposizione ed in mancanza dei quali il sistema sanitario di molte regioni dovrà fare i conti già a partire dalle prossime settimane.

Ma i problemi economici per la nostra Sanità non si esauriscono alla mancanza dei necessari fondi contingenti, ma si riversano sull’attuabilità della prevista Riforma della Medicina Territoriale che non ha incassato l’ok della Conferenza, in attesa di attendere l’esito delle ulteriori verifiche richieste dal Ministero dell’Economia. Una riforma che è uno dei milestones da raggiungere entro il prossimo 30 Giugno e sulla quale si palesano evidenti difficoltà: prima fra tutte il rischio che le case di comunità previste dalla stessa, una volta costruite, rimangano scatole vuote, non avendo a disposizione sufficienti risorse per coprirne le spese di gestione, dal personale al materiale necessario.

Una Riforma la cui necessità è stata evidenziata proprio dall’emergenza sanitaria ancora in corso e che porterebbe la medicina del territorio verso quegli standard auspicati e funzionanti, tipici dei sistemi sanitari che tanto invidiamo, e che hanno permesso a Paesi come Portogallo e Germania di proteggere il funzionamento della loro sanità anche nei momenti di maggiore diffusione del virus.

Dopo molti anni di tagli che hanno impoverito ed indebolito il territorio, la pandemia ha di fatto messo in luce come non esista più quel filtro territoriale in grado di prendere in carico, curare ed indirizzare il paziente prima dell’accesso alle strutture ospedaliere. Gli 8 miliardi previsti dal Recovery Fund permetterebbero di ripristinare una rete sanitaria funzionante, garantendo l’accesso alle cure con la continuità assistenziale territoriale, andando ad alleggerire la pressione ospedaliera. Dopo decenni di tagli orizzontali indiscriminati che lo hanno indebolito, il nostro Paese ha la possibilità di tornare ad investire importanti cifre sul Sistema Sanitario a partire dalle sue basi, dal territorio, restituendogli quel ruolo fondamentale previsto dalla nostra Costituzione.

Per questo motivo non possiamo lasciarci sfuggire questa opportunità che deve rappresentare una delle priorità dell’agenda dell’Esecutivo delle prossime settimane: investire sul SSN, su una rete di medicina funzionale e funzionante rappresenta un investimento sul futuro del nostro Paese.