Coronavirus, autarchia di una nuova crisi?

Quando un termine diventa patrimonio collettivo a tutti i livelli e per tutte le fasce di età, significa che ciò
che tutto quanto esso rappresenta è diventato pervasivo. Purtroppo però, se si parla di “corona virus”
allora il termine riguarda quel pericolo reale che alcune nazioni e probabilmente l’intero pianeta stanno
affrontando: un problema che si dovrà risolvere in breve tempo e che va oltre il “fenomeno mascherina”. A
parte il “contagio mediatico” e gli effetti dovuti al panico collettivo, prevedibile e crescente, siamo di fronte
al ripetersi di una potenziale pandemia che questa volta ci interessa direttamente, nonostante le vittime di
altre malattie virali ogni anno in Italia e in Europa siano, purtroppo, nell’ordine delle centinaia ma delle
quali si parla e si scrive poco. Le pandemie si sono verificate periodicamente nella storia dell’umanità. Nella
Bibbia stessa e in altri testi o tradizioni orali di altre religioni se ne parla. Anche la storia recente registra
milioni di vittime dal medioevo fino ai decenni scorsi con epidemie più o meno contenute di SARS, Ebola,
Mers, BSE e ad altre. In epoca moderna, fortunatamente, la diffusione dei virus può essere contenuta grazie
alle conoscenze microbiologiche e ai protocolli di intervento delle organizzazioni internazionali come l’OMS
e dei vari sistemi sanitari nazionali. In Italia i diversi sistemi sanitari regionali potranno determinare diversi
tipi di approccio e diversi livelli di efficacia nell’individuazione dei soggetti contagiati e nel contenimento
della malattia, ma il problema, nel suo complesso può essere affrontato in maniera accettabile. Con l’acuirsi
del numero dei contagi e delle vittime, giorno per giorno, i governi attiveranno misure sempre più
stringenti che andranno, necessariamente, oltre la dovuta informazione sui metodi di prevenzione in
quanto si dovrà provvedere al concreto contenimento del virus. L’emergenza apparirà in tutto il suo essere
e in tutto il suo clamore, anche per i riflessi immediati e di lungo termine: dai problemi grandi e piccoli nella
vita quotidiana fino agli effetti negativi sulle economie regionali, nazionali e mondiale in genere. Dal
turismo all’export, dai servizi alla carenza di materie prime, in poco tempo si potrebbe verificare lo stop ad
ogni tipo di attività produttiva. E dire che qualche esperto ipotizza l’avvento dell’autarchia multisettoriale,
con beneficio delle imprese locali nazionali, l’aumento del PIL e, alla fine, immagina un riequilibrio finale
dell’economia mondiale che risolverebbe anche l’attuale crisi economica congiunturale.
In un mondo ormai “globalizzato”, il continuo flusso di persone e scambio di merci, anche on-line, ecco che
si interrompe di fronte agli effetti di una crisi sanitaria di vaste proporzioni. Confinamento, isolamento,
blocco dei confini comunali, regionali, nazionali diventano ipotesi immediate e di facile comprensione. A
volte diventano anche propaganda. Ma tant’è ! Già avviene per quanto concerne la movimentazione dei
vegetali e dell’ortofrutta e, in qualche caso, anche per alcuni prodotti agroalimentari. Al di la della perdita
di biodiversità nel tempo, oggi scontiamo i danni economici immensi causati da parassiti e specie
cosiddette “aliene” introdotte per sbaglio, per caso, oppure intenzionalmente e non lo sapremo mai. E’ il
caso del Cinipide del Castagno, del Punteruolo delle palme, della ormai nota Xylella degli olivi pugliesi, della
Cimice asiatica del Nord Italia e così via. E’ vero che il livello di attenzione deve essere alto ma la
cooperazione tra popoli e nazioni, tra ricercatori e scienziati diventa ancora più importante, quando la
lingua e gli intenti diventano univoci di fronte al rischio globale. Purtroppo però, al contempo, il concetto di
“limen” inteso come “soglia” e “ingresso” diventa invece “confine” e barriera, costituendo alla lunga uno
tra i pochi strumenti di contenimento e stabilizzazione. E’ già stato dimostrato durante le epidemie in terra
d’Africa, anche recenti. E l’Africa più dell’Asia può diventare il grande focolaio pandemico, a causa della
imperante assenza di istituzioni, strutture e sistemi sanitari all’altezza della situazione, soprattutto in aree
dove si muore di fame da sempre. E ciò vale anche per ogni scenario di guerra esistente in cui le condizioni
di vita sono infime e la popolazione vive allo stremo. Prevarrà l’egoismo insito nell’uomo che vuole
sopravvivere o la solidarietà del senso comune di appartenenza ad una specie ? L’anno bisesto è appena
cominciato.