C’è grande preoccupazione a Palazzo Chigi per le divisioni dei 5 Stelle e lo scontro tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio. «Se i conflitti interni arrivano sul tavolo dell’esecutivo in un frangente delicato come questo rischiano di avere effetti negativi anche sul Paese», è la riflessione maturata tra i fedelissimi di Draghi. Anche perché quanto sta accadendo nel M5S potrebbe minare la «credibilità internazionale del governo». Lo si dice non a caso: il MoVimento ha i gruppi parlamentari più numerosi e il ministro degli Esteri appartiene allo stesso partito.
Come scrive Maria Teresa Meli sul «Corriere della Sera», per tutta la giornata di ieri gli uomini del premier hanno cercato di parlare con i ministri grillini, Di Maio in primis, valutando quelle che potrebbero essere le possibili conseguenze delle divisioni tra 5 Stelle. In allarme anche i Dem, Enrico Letta avrebbe trascorso la domenica al telefono, sentendo un po’ tutti: governo, Conte, Di Maio. Il segretario del Pd voleva capire quanto quotata fosse la cacciata del ministro degli Esteri, poi scongiurata: «Spero che il confronto tra Di Maio e Conte non ingeneri fibrillazioni per il governo in un momento di massima delicatezza per il Paese. Sono fiducioso che prevarranno le ragioni dell’interesse nazionale», le parole di Letta. Il Consiglio Nazionale del M5s ha infatti poi ribadito la collocazione euro-atlantica dell’Italia, bollando come «immotivate» le accuse di anti-atlantismo lanciate da Di Maio. «La linea euroatlantica non è mai stata messa in discussione», dicono fonti interne. E Conte si sarebbe detto rammaricato per le parole del capo della Farnesina.
Morale della favola: per ora le due ali del MoVimento dovranno coabitare, vivere da separati in casa fino ad una soluzione definitiva. Per tanti la situazione resta «grave ma non seria», ma ne siamo proprio sicuri? Il 21 resta la data da tenere a mente, anche perché il documento sull’invio delle armi a Kiev è diventato una sorta di voto di fiducia al governo Draghi. Molto più che un semplice banco di prova per l’ex governatore di Bankitalia. Sulla risoluzione di maggioranza circola tuttavia un certo ottimismo: Conte pare aver ceduto, si accontenterebbe del fatto che tutte le novità di peso debbano in qualche modo passare per il Parlamento. Sarà fondamentale trovare – e questo tocca al premier Draghi – trovare il modo di “accontentare” un po’ tutti, in testa l’avvocato del popolo, dando a lui l’impressione di aver ottenuto qualcosa.