Sala, Di Maio e quel polo riformista accolto tiepidamente

Sala, Carfagna, Gelmini, Di Maio, Calenda. Qualcosa si muove, in un’area larga di centro molto trasversale, per blindare Draghi e far sì che la sua esperienza da premier vada oltre il 2023. Un “campo largo” liberale e democratico che approfitti dell’implosione di Lega e M5S e che metta Draghi al riparo dalle intemperanze ormonali di Conte e Salvini, a cominciare dall’invio di nuove armi all’Ucraina. Registi dell’operazione sarebbero il sindaco di Milano Beppe Sala e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, sempre più in rotta di collisione con l’avvocato del popolo che guida i pentastellati, ma il progetto può aggregare dall’ala governista di Forza Italia, Carfagna e Gelmini in pole, a Renzi, fino a Calenda, Bonino e agli ambientalisti.

Tuttavia si tratta di un lavoro complicato, perché nelle intenzioni di Sala e Di Maio questa “cosa” dovrebbe fare da spalla al centrosinistra alle prossime elezioni. Ma il Pd è scettico e guardingo, mentre restano più defilate Gelmini e Carfagna. Calenda, poi, proprio non transige sulla possibile convivenza con il ministro degli Esteri M5S. Accoglienza tiepida per il polo riformista: la strada, per Sala e Di Maio, è tutta in salita.