DRAGHI

Con Draghi fino in fondo, non c’è più spazio per i populisti della maggioranza

Rispondendo ad una domanda sull’ipotesi del viaggio di Matteo Salvini a Mosca, Mario Draghi, durante la conferenza stampa alla fine del Consiglio Europeo Straordinario a Bruxelles, ha precisato che «il governo da quando si è formato è fermamente collocato nellʼUe, nel rapporto storico transatlantico. E si è mosso sempre su questo binario e continua a muoversi. È allineato con i partner del G7 e intende continuare su questa strada. Questo è quanto, non si fa spostare da queste cose». Parole nette con le quali il premier ha rivendicato la posizione del suo esecutivo rivolte però non soltanto al leader della Lega, che voleva recarsi da Putin per «cercare la pace» senza prendersi la briga di informare Palazzo Chigi, ma a tutti i componenti della maggioranza.

Draghi sa che l’affidabilità è fondamentale e certe scelte possono sul serio minarla: «In politica e nell’attività legislativa si deve essere coerenti con quello che si dice e come ex governatore della Banca Centrale penso che la credibilità sia fondamentale», aveva detto l’economista alla tavola rotonda in memoria dell’economista Alberto Alesina svolta a Milano nella sede dell’Università Bocconi. Proprio perché non si tratta soltanto di acquisire una certa credibilità agli occhi dei partner stranieri, ma anche di preservarla. «Non voglio entrare nei rapporti che queste persone di governo possono avere l’importante è che siano trasparenti», ha sottolineato l’x numero uno della Bce sempre da Bruxelles, alludendo al tentativo maldestro del segretario del Carroccio. Ma in realtà il suo appello era rivolto a tutti. In altre parole, l’errore dello ‘scolaro’ Salvini è servito al professor Mario Draghi da monito per l’intera maggioranza.

La seconda mina vagante non bisogna cercarla troppo lontano. L’altro destinatario, dopo Salvini, appare proprio il leader del M5S, Giuseppe Conte. Da un lato l’insistenza dell’avvocato del popolo sul no all’invio di nuove armi all’Ucraina e dall’altra l’idea che il premier debba sottoporsi ad un voto parlamentare che rilegittimi gli impegni di politica estera. Non pochi sono dell’avviso che il 21 giugno, in Senato, il fronte del populismo pacifista possa preparare un “trappolone” al premier. Un “incidente” politico che porterebbe con sé delle gravi conseguenze, nefasti effetti per l’Italia.

«Da quando il governo si è formato, e sono stato chiarissimo. È allineato con i partner del G7 e intende continuare su questa strada. Si è mosso sempre su questo binario e continua a muoversi», ha rimarcato Mario Draghi. Come a dire: smarcamenti parlamentari non sono graditi; non è il momento dei distinguo. Conte, tra l’altro, sa bene che staccare la spina all’esecutivo innescherebbe un’immediata spaccatura all’interno del MoVimento. Con Luigi Di Maio, attuale ministro degli Affari Esteri, i rapporti sono sempre più freddi. Caso analogo nella Lega: il ministro dello sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti ha preso le distanze dalle ultime scelte di Salvini.

Il messaggio di Draghi sarà stato recepito? Mah. “Attaccare chi vuole la pace non è un bel segnale che arriva dall’Europa. Da chi frequenta le istituzioni europee dovrebbe arrivare un messaggio distensivo e non squallida polemica politica. Matteo Salvini è l’unico che è pronto a mettersi in gioco in prima persona per cercare la via del dialogo, esattamente come auspica Papa Francesco. Si è davvero rivoltato il mondo: ora i responsabili sono diventati quelli che parlano solamente di armi. Magari le stesse persone che hanno stretto accordi con Putin e che distribuivano in allegato ‘Russia Oggi'”, le parole dei capigruppo di Camera e Senato della Lega Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo. L’impressione è che si continui a tirare in mezzo il Papa per nascondere tutta la propria inadeguatezza. E il divario tra il super tecnico e alcuni leader di partito si fa sempre più ampio, palese. Non credete? Con Draghi fino in fondo. Senza ambiguità.