“Ci costringe ad azioni indegne”: lo sfogo dei soldati russi contro Putin

Il «New York Times» ha raccolto e pubblicato le telefonate dei soldati russi a famigliari e amici. Si tratta di testimonianze che confermano gli orrori di Bucha e la rabbia nei confronti di Vladimir Putin, che ora vuole coprire le nefandezze brutali della dittatura con un referendum farsa. È questo l’ultimo atto della follia dello zar che con la sua “operazione speciale” mirava inizialmente a rovesciare il governo Zelensky, non immaginando neppure la compattezza dimostrata dall’Ue. Questo soltanto è Putin: un dittatore che si riempie la bocca di parole come elezioni, parlamento e volontà popolare, ma che in verità calpesta la democrazia, ad ogni passo.

E le intercettazioni rese note da «NYT» rivelano quanto Putin sia sempre più solo, inviso dai suoi stessi uomini: le registrazioni pubblicate oggi anche dai quotidiani italiani fanno riferimento al periodo di marzo, quando i militari mandati dal Cremlino erano a Bucha. Sono giovani, ragazzini inviati al fronte per la prepotenza di uno: «La nostra offensiva è in stallo. Stiamo perdendo questa guerra», le parole di Sergey; «Metà del nostro reggimento è andato», aggiunge Andrey; «Ci hanno ordinato d’uccidere qualunque cosa vediamo», fa eco un altro. «Quando torno a casa, mollo tutto. Fancu*o l’esercito», rimarca Vlad. «Putin è un idiota. Vuole prendere Kiev. Ma non c’è maniera di riuscirci», spiega ai parenti Aleksandr. Quel che accomuna le lamentele è una domanda: quando finirà tutto questo? Per alcuni di loro l’Ucraina si è rivelata una tomba.

«In tv, vogliono solo rinco**onire la gente. Dicono tutto ok, non c’è nessuna guerra, solo un’Operazione militare speciale… A dire il vero, questa è una fottuta guerra!», scrive un ragazzo alla sua fidanzata, smascherano la propaganda rassicurante voluta da Putin. Son stati necessari due mesi di lavoro, l’ascolto di decine di registrazioni, l’incrocio coi numeri telefonici dei militari, coi loro messaggini ma anche l’analisi dei loro profili social. Ed è stata proprio Kiev a girare il materiale al «New York Times», proprio perché tutti sapessero.