draghi conte

C’è chi frigna e punta i piedi e chi invece pensa al Paese: meno male che Draghi c’è

C’è chi parla, urla, fa i capricci e punta i piedi, e chi fa cose per il Paese. Questo, in sintesi la differenza tra Giuseppe Conte (e Matteo Salvini) e Mario Draghi. Mentre il primo si appresta al Papeete 2 o all’ennesimo penultimatum, il secondo si prepara ad affrontare una serie di emergenze concatenate tra loro che preoccupano non poco gli italiani e che lasciano presagire un autunno molto molto difficile.

Ieri il segretario Cgil Maurizio Landini, denunciando la crisi sociale, affermava che non c’è tempo per aspettare la legge finanziaria per misure urgenti di sostegno al reddito e che quindi è necessario iniziare a intervenire da luglio. Al di là della faziosità (Landini è sindacalista, non gli si può chiedere obiettività o visione strategica) l’urgenza effettiva esiste e la politica deve dare risposte concrete invece di accapigliarsi in inutili teatrini. Infatti, mentre il Paese sconta tutte le proprie fragilità e i populisti minacciano crisi di governo ed elezioni anticipate, l’unico vero politico, Mario Draghi, tenta di far qualcosa proprio a partire da fine mese. E’ allo studio un decreto che riguarda misure fondamentali e urgenti per non colare a picco completamente. In particolare, cuneo fiscale (da rendere poi strutturale in Finanziaria) e taglio delle accise per ridurre il costo del carburante. Poi, stabilizzazione dei contratti di lavoro e interventi su caro bollette e il caro energia.

Per quanto riguarda il cuneo fiscale, al vaglio del Governo c’è la possibilità di raddoppiare da 0,8 a 1,6 il taglio sui contributi già previsto per il 2022 per retribuzioni sotto i 35 mila euro. L’idea è quella di una riduzione progressiva che concentrerebbe i propri effetti benefici per i redditi di fascia media, fino a 28 mila euro. Mentre, oltre 50 mila euro di reddito, i vantaggi si azzererebbero. Tutto ciò dovrebbe generare un risparmio di 1.200 euro annui a busta paga, quindi un sostanziale aumento della stessa di circa 100 euro al mese (c’è chi ipotizza risparmi più alti). Il PD propone di spezzare in due l’intervento dando sollievo ai redditi molto bassi (quelli inferiori a 10 mila euro) e poi in due anni, la restante parte. L’effetto positivo di questa proposta sarebbe quello di spalmare i costi del provvedimento in più tempi, e in particolare due miliardi subito e la restante parte entro il 2024. Ma non è detto che sia una ipotesi che vedrà poi effettivamente la luce.

Sui contratti di lavoro e i salari, tre sono le misure principali ipotizzate: da una parte la semplificazione mediante l’abolizione di alcune figure contrattuali, come i contratti a chiamata e la rivisitazione di stage e tirocini che spesso mascherano forme di lavoro senza tutele; dall’altra sanzioni pesanti per le imprese che non provvedono ai rinnovi contrattuali senza motivo, e, infine, per garantire la dignità salariale addirittura una misura di indicizzazione che sa quasi di “scala mobile” in piccolo.

Sempre in tema di sostegno ai salari, in attesa di varare il salario minimo europeo, i minimi salariali verranno introdotti settore per settore sulla base della contrattazione tra le parti social che tenga conto delle relative specificità, senza omologazioni per legge. Da valutare la sostenibilità e i costi in base anche l’andamento del PIL e del gettito fiscale.

Infine, capitolo energia. Dovrebbe essere riconfermato anche per l’ultimo trimestre il bonus energia per famiglie e imprese, calcolato nel 15% rispetto ai maggiori costi per un consumo fino a 16,5 Kw. Mentre, sul carburante dovrebbe permanere il taglio di 30 centesimi al litro oggi garantito fino al 2 agosto. L’obiettivo, è la proroga di almeno due mesi.

Insomma, un decreto certo non risolutivo ma importante che possa dare un po’ di sollievo alle “tasche degli italiani” in attesa di consolidare in sede di legge Finanziaria le misure più importanti. Sempre che, ovviamente, alla Finanziaria arriveremo con questo governo o con questa maggioranza. Le intemperanze di Conte e Salvini preoccupano non poco l’esecutivo e danno la misura della irresponsabilità dei populisti che addirittura ventilano elezioni anticipate ed esercizio provvisorio.

Il teatro dell’assurdo che per tornaconti elettorali (veri o presunti, non è rilevante al momento), rischia di mettere in ginocchio il Paese già reso fragile dalle emergenze economiche e sociali.
Il bello è che poi si definiscono patrioti!