Cassese: “L’astensionismo? I partiti sono oligarchie e i cittadini non hanno la possibilità di scegliere”

È una fotografia affatto promettente quella che, in un’intervista a tutto campo concessa a Il Riformista, scatta il  professor Sabino Cassese, giudice emerito della Corte Costituzionale e professore emerito della Scuola Normale Superiore di Pisa, sulla situazione politica italiana.

Cassese, che è anche professore di “Global governance” al “Master of Public Affairs” dell’Institut d’Etudes Politiques di Parigi, è convinto che la ragione dell’astensionismo sia da ricercare nel carattere oligarchico del nostro sistema politica e il modo  in cui si sono formate le liste è un’ulteriore dimostrazione. “Scarsa democraticità dei partiti, debolissimo radicamento sociale, verticalizzazione del potere, concentrato nelle mani dei segretari, imposizione ai votanti non solo di liste nelle quali non si può scegliere, ma anche di candidati con deboli relazioni con i collegi, possibilità di presentare la propria candidatura in più collegi, dando così la possibilità di scelte individuali dei vincitori, perché la sorte dei numeri due dipenderà dalle scelte fatte dai numeri uno”. Tesi sostenuta dagli stessi programmi dei partiti, che “sembrano – spiega Cassese – la fusione di due componenti. Da un lato, la sommatoria di progetti di legge che non sono andati in porto. Dall’altro, elenchi di “desiderata” che non hanno trovato realizzazione. Certamente non sono il frutto del lavoro interno delle forze politiche, delle istanze della base, delle discussioni a livello provinciale e regionale, delle decisioni dei congressi. Questo perché la vita interna dei partiti è ormai asfittica. Sarebbe molto interessante fare un bilancio dei costi e dei benefici di ciascuno dei programmi, mettendoli a raffronto, ma ho anche timore che possa essere tempo perso perché sembrano adempimenti burocratici, per non dare l’impressione che la politica sia solamente lotta di potere per poltrone.

Il professore, al Riformista, argomenta anche il cosiddetto “bilancio della transazione”.

“Vi sono più transizioni – afferma – C’è quella verso un regime parlamentare diverso, al quale è stato sottratto un terzo dei membri delle camere. C’è la transizione verso un sistema politico a trazione di destra, quale non c’era mai stato in Italia, negli ultimi 74 anni. C’è la transizione verso uno dei tanti sistemi presidenziali sperimentati nel mondo (visto che si parla tanto di presidenzialismo ma molto poco di quale tipo di presidenzialismo)”.

Per Cassese, inoltre, “sarebbe interessante ricostruire l’immagine del paese quale si evince dai programmi dei partiti. Da questi sembra che la prima e più importante aspirazione di tutti gli italiani sia quella di pagare meno tasse possibile, mentre, invece, penso che la maggiore aspirazione sia quella di avere buoni servizi pubblici, dalla scuola alla sanità alle carceri, pagati al prezzo giusto”.

L’ultima osservazione di Cassese al Riformista riguarda il dato che almeno il 40% degli italiani non ha ancora deciso se andrà ai seggi il 25 settembre. Una parte afferma di essere disgustata dalla politica e, secondo il professore, tale disgusto  nasconde qualcosa di più. “Sia sul lato dell’offerta, sia sul lato della domanda. Sul lato dell’offerta, perché i programmi dei partiti sono documenti commissionati, non sono nati da una consultazione della base dei partiti, da un dialogo tra base e vertice, dalla maturazione di orientamenti, ideologie, obiettivi. Sul lato della domanda, perché l’elezione comporta scelta. Quale è l’ambito delle scelte che viene lasciato agli elettori? Possono solo scegliere partiti e coalizioni. Le liste sono bloccate. L’opzione per l’uninominale anch’essa bloccata. Non è possibile il voto disgiunto. I candidati possono presentarsi in più collegi e quindi possono optare, per cui gli elettori saranno sorpresi dagli eletti: la scelta la fa il candidato che stabilisce in quale collegio accettare l’elezione, in sostanza mettendosi al di sopra dell’elettorato e operando la scelta ultima. Se l’offerta è artificiosa e la scelta che si chiede all’elettorato è così limitata, ben si comprende che ci possa essere una quota di elettori convinta che il sistema ha una componente oligarchica troppo forte e che quindi non vale neppure la pena di andare a votare. Per fare un esempio comparativo, si pensi al sistema francese, in cui gli elettori possono fare numerose scelte. Innanzitutto, sono chiamati a eleggere sia l’assemblea nazionale sia il presidente. In secondo luogo, per il presidente votano due volte, prima per il candidato preferito, poi, al ballottaggio, per quello meno distante dalle proprie posizioni. Insomma, l’elettorato francese ha tre scelte, mentre quello italiano ne ho una soltanto, lungo un canale obbligato. Sistemi elettorali e formule elettorali andrebbero valutati secondo i due criteri indicati dalla Corte costituzionale, della rappresentatività e della governabilità”.