Se l’Europa non decide, si preveda un tetto che valga in Italia sul prezzo del gas comprato all’ingrosso. Pressing sul governo da Carlo Bonomi in un’ intervista al Corriere, in cui il presidente di Confindustria sottolinea che la difesa dell’industria è un fattore di sicurezza nazionale, perché crea reddito e lavoro.
“Mi confronto spesso con i miei colleghi di Francia e Germania e noto una differenza: da loro la difesa dell’industria è un fattore di sicurezza nazionale, perché è l’industria che crea reddito e lavoro. Da noi questa consapevolezza non c’è. Il problema non è del presidente Draghi: attiene ai partiti”.
Per il numero uno di Confindustria, l’Italia può agire autonomamente e spiega come.
“L’Arera, l’autorità dell’energia, convoca gli importatori di gas e chiede trasparenza. Può farlo. Dobbiamo sapere quanto pagano il gas e conoscere la durata dei contratti. Non credo che gli importatori comprino tutto ai prezzi di mercato, impazziti, di questa fase. Capiremo così come applicare un tetto e quali sono i profitti sull’elettricità. Quest’ultima viene rivenduta a tariffe che riflettono l’altissimo prezzo di mercato attuale del gas: vedremo se c’è chi specula”.
Gli industriali propongono inoltre un cambio di passo sugli impianti di fonti rinnovabili fermi per mancanza di autorizzazioni; riservare alle imprese una quota di energia prodotta da rinnovabili che rifletta i costi effettivi di produzione; aumentare la produzione di gas nazionale oltre quanto già deciso fino ad oggi.
Sono tre, nello specifico, le proposte di Confindustria. “Cambiare passo sui 400 impianti di fonti rinnovabili fermi per mancanza di autorizzazioni, specie a livello decentrato; riservare alle imprese una quota di energia prodotta da rinnovabili che rifletta i costi effettivi di produzione e non ai prezzi molto più alti del gas; aumentare la produzione di gas nazionale oltre quanto già deciso fino ad oggi, per esempio nell’alto Adriatico”.
Certo è che introdurre il tetto sul gas a livello nazionale è più difficile e la proposta di farlo a livello europeo al momento è bloccata.
“La Norvegia nel 2021 ha visto crescere i proventi del suo fondo sovrano di 150 miliardi, vendendoci il gas a queste quotazioni di mercato sestuplicate. E ora fa pressioni sui Paesi nordici dell’Unione Europea perché non accettino il tetto al prezzo. La Svezia, infatti, si è opposta. Quanto alla Germania, compra il gas dalla Russia verosimilmente a prezzi molto inferiori di quelli che paghiamo noi, per le contropartite date ai russi come NordStream. Dunque, finora – conclude Bonomi – non ci segue”.