Basta con la politica fluida, è ora di governare la complessità del futuro

chi vince si batte il petto, chi perde si inventa favolette. La campagna elettorale per il voto in Emilia Romagna e Calabria non è stata bellissima, anzi. I leader dei partiti fanno sempre più fatica a comprendere che la personalizzazione della propaganda è deleteria, sia perché le persone, più che seguire un individuo, vorrebbero seguire le idee ed un progetto serio (magari la più audace, la più originale e la più mediterranea delle idee), sia perché, soprattutto in questa lunga fase politica così fluida, confusa e superficiale, non esistono più gli uomini per tutte le stagioni.

La Lega e Fratelli d’Italia hanno avuto un buon
riscontro in termini di voti, ma la battaglia non l’hanno vinta, anzi. Le
sinistre, grazie al decisivo contributo delle Sardine, hanno retto (ma a quale
prezzo?). Forza Italia è quasi del tutto scomparsa, eccezion fatta per il
sussulto calabrese, trainata dalla candidata berlusconiana Santelli.

Lo scenario è dei peggiori, insomma. Le sinistre non
sono credibili ed hanno avuto soltanto il pregio di aver contrastato uno dei
centrodestra più brutti della storia repubblicana. Il centro è una mera
illusione, proprio come una politica a trazione liberale (i grandi sconfitti,
sia del Novecento che del nuovo secolo). I grillini hanno subito una sonora quanto
mai prevedibile bastonatura.

Che sia finita l’epoca del sovranismo e del populismo?
Che inizi a finire anche la fase della politica fluida e liquida? Lo si spera,
almeno. Perché un paese, per poter immaginare di averlo un futuro non può
basarsi sulla mera programmazione contingente, ma ha l’obbligo e la necessità di
disegnare ed immaginare scenari complessi da dispiegare nel tempo. Ma per fare
questo occorrerebbe l’intransigente rifiuto popolare delle politiche vuote o di
mera sopravvivenza, con una classe politica capace di andare oltre la mera
demagogia.

Basta Mi sovviene un ricordo scolastico. Un piccolo quesito che è stato – e che permane – alla base della teoria economica e delle successive ipotesi teoriche ad essa avverse e/o integrative: “i numeri ci raccontano la realtà per come essa è, o possono essere letti anche sulla scorta di altre variabili?”. Io propendo per la seconda ipotesi e forse sarebbe il caso che lo si facesse in tanti, perché il politichese al quale vorrebbero relegarci è soltanto per chi non ha talento, per chi non ha fame della conoscenza e per chi non ha l’umiltà di ricercare la verità. Ed io di immaginare che possiamo fare meglio non smetterò mai.