Giorgetti ha aspettato con il fiato sospeso, anche se probabilmente qualche anticipazione l’aveva avuta, il giudizio di S&P la società di rating che per prima era destinata ad esprimersi sui conti italiani. S&P ha deciso una politica di auditing attendista, conferma il rating, non brillante, precedente e l’outlook stabile. Il ministro leghista può respirare, anche se S&P è sempre stata la meno caustica sui conti italiani. Per questo weekend può dedicarsi ai risultati del Southampton, la sua squadra del cuore. Ma il vero venerdì di terrore, a borse chiuse, sarà venerdì 17 novembre, mese dei morti, quando si esprimerà il vaticino di Moody’s che ci ha già messo in outlook negativo, da junkbond, titoli spazzatura. Ma a che servono tutti sti Rating? Questi soloni come possono incidere su di noi. Non si limitano ad incidere, il loro giudizio taglia carne ed ossa alla situazione finanziaria di un Paese, nel nostro caso il più indebitato in zona Euro. Le previsioni degli economisti, dall’Ocse al Fondo monetario Internazionale, non credono molto alle previsioni del simpatico giocatore di poker seduto sulla poltrona dei giganti della economia italiana. Se la Germania è in recessione, ma avendo molto meno debito di noi ha leve di manovra, come facciamo noi ad essere così ottimisti nelle nostre previsioni da fare pure deficit oltre misura consentita dai parametri UE? Quali parti dell’economia italiana possono fare un balzo in avanti tale da compensare deficit e servizio al debito crescente?
Magari potremmo investire in produzioni televisive internazionali e Fiction, ma Sangiuliano ha deciso di tagliare gli investimenti del Mibac. Peccato una bella fiction sulla politica era già bella pronta e sceneggiata. Potevamo chiamarla Beautiful Hair, richiamando due grandi prodotti di successo oltreoceano.
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I veri problemi Giorgetti, persona accorta, arriveranno a febbraio quando si chiuderanno le stime reali dell’anno in corso. Lì rischiamo, in caso di risultati sotto le stime, che il differenziale con i Bund tedeschi salga consistentemente sopra i 200, e li partirebbe la spirale alla svendita dei titoli italiani che rimarrebbero in pancia solo alle nostre banche peggiorando la loro situazione. Ecco perché Giorgetti incalza un governo digiuno dei fondamentali dell’economia a fare cassa con privatizzazioni, MPS in testa. Per arrivare a gennaio con un tesoretto per calmierare le aste dei titoli pubblici. Una febbre speculativa sul debito prima delle europee manderebbe in tilt la maggioranza, e potremmo disinteressarcene, ma soprattutto il Paese. In quel caso l’unico dato in rialzo non sarebbe il PIL ma il Pop, l’indice del populismo. Quello che spera Salvini e terrorizza Giorgia.