In Italia emerge sempre più la “carica delle cartelle esattoriali”. I cittadini iscritti a ruolo sono 16 milioni, per un totale di 1.100 miliardi di crediti non riscossi. In occasione dell’audizione presso la Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale dello scorso 7 aprile, il presidente dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini ha tratteggiato un quadro desolante della capacità di riscossione della pubblica amministrazione.
“Il magazzino non può essere più gestito” – ha ribadito Ruffini – “mantenere 22 anni di non riscossione non è possibile ed il Parlamento deve decidere cosa fare”. Oltretutto, con la sospensione della riscossione nell’anno della pandemia (2020-21), il magazzino del non riscosso continua ad aumentare e a nulla sono servite le variegate rottamazioni ed i “saldo e stralcio”. “Si tratta di iniziative che non hanno migliorato la situazione” – ha dichiarato Ruffini – “ogni anno entrano 70 miliardi di crediti da riscuotere, mentre si incassano non più di 10 miliardi”.
L’Agenzia delle entrate, che annovera circa 8.000 dipendenti, è organizzata per gestire un magazzino di riscossione di 3 anni, mentre l’arretrato accumulatosi ad oggi ci riporta addirittura a 22 anni di mancata riscossione. Una “mission impossible” per Ruffini & Co, anche se il numero uno dell’agenzia una strada l’ha delineata, senza ricorrere ad un condono tombale: “Basterebbe ampliare i poteri di riscossione intervenendo sul magazzino, ma questa è una scelta politica, perché in nessuna parte del mondo si sceglie di mantenere 22 anni di crediti non riscossi. Bisogna allora decidere e in fretta”.
E proprio sulla capacità della politica di mettere in campo scelte coraggiose sorgono grandi perplessità. La classe dirigente italiana negli ultimi 10 anni sul tema della riscossione dei tributi ed in generale sul potenziamento della capacità di recupero del gettito fiscale, ha palesato più di una falla. Da destra a sinistra, i politici italiani hanno preferito adottare uno stile pilatesco, rinviando la decisione e passando la palla al successivo governo.
C’è poi chi come Salvini, non ha trovato di meglio che farne un cavallo di battaglia, teorizzando demagogicamente una non meglio definita “pace fiscale”, ignorando che il colpo di spugna avrebbe messo in crisi tanti enti locali che nei loro bilanci annoverano quei crediti come residuo attivo. Tutto è perduto allora? Decisamente no. L’Agenzia delle entrate fa sapere di aver avviato un rafforzamento dello scambio informativo con i comuni, per consentire la fruizione dei dati catastali, mettendo a disposizione degli enti locali preziose informazioni finalizzate a rendere più efficaci ed efficienti i controlli e gli incassi. A breve sarà potenziato un portale dedicato, dove saranno messi a disposizione ogni mese nuove fonti informative.
Al fine di coinvolgere gli enti locali, in quella che si prefigura come una vera e propria caccia all’evasore, si sta studiando l’attribuzione di una “quota incentivante”, una percentuale sul riscosso. Del resto i primi test di sinergia tra i vari attori in campo hanno dato riscontri positivi, se si pensa che nel 2021, per l’attività effettuata nel 2020 a 280 comuni italiani è stata trasferita una cifra di circa sei milioni e cinquecentomila euro. Insomma, dopo anni di immobilismo la macchina della riscossione sembra aver acceso i motori. Toccherà alla nostra classe dirigente compiere scelte giuste e coraggiose, per garantire alle asfittiche casse statali il progressivo recupero di ingenti risorse.