Adozioni forzate, ecco il bottino di guerra per Putin: 200mila minorenni rubati all’Ucraina

Dopo tre mesi di guerra sono circa un milione gli ucraini che risultano ufficialmente «profughi» all’interno della Federazione Russa: 920mila secondo l’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite, ancora di più secondo il governo di Kiev. Pochi fra loro hanno scelto liberamente di trasferirsi nel Paese che ha scatenato questo conflitto: quasi tutti lo hanno fatto perché non è stato dato loro altro modo di fuggire dalle zone di combattimento. Molti sono stati di fatto costretti a andare in Russia o deportati di là dalla frontiera. Di questi quasi duecentomila sono minorenni e adesso almeno 1.700 bambini si trovano in Russia da soli, non accompagnati: i genitori sono morti o sono dispersi e loro non hanno familiari con loro sui quali appoggiarsi. Lo riporta oggi Corriere.it.

Adesso, questi bimbi, stanno diventando bottino di guerra. Una nota ufficiale di sette giorni fa del Commissariato «per la protezione dei bambini presso la presidenza della Federazione Russa», un’emanazione diretta di Vladimir Putin, spiana la strada all’adozione sistematica dei bambini ucraini deportati senza genitori da parte di famiglie russe. I primi esperimenti in questo senso sono già partiti nella regione di Mosca. Ora i provvedimenti del commissario del Cremlino, Maria Lvova-Belova, renderanno molto semplice e rapido l’inserimento di questi minori non accompagnati ucraini in famiglie russe. Per queste ultime, sono previsti anche corsi di formazione a questo scopo.

Vista da Mosca, l’intera operazione viene presentata come un’iniziativa umanitaria. Visto da Kiev, è un furto di bambini. «È una violazione, vogliono far adottare in Russia i figli della nostra Nazione dopo averli deportati — commenta dal World Economic Forum di Davos la parlamentare ucraina di opposizione Yulia Klymenko —. Il nostro governo sta valutando un ricorso internazionale contro queste misure». Formalmente il provvedimento russo — si legge in un comunicato del commissariato presidenziale del 16 maggio — riguarda «orfani e bambini rimasti senza cura genitoriale che hanno la cittadinanza delle repubbliche di Donetsk e Lugansk o dell’Ucraina». Presto potranno essere adottati dalle famiglie come se fossero russi, presentando pochi semplici documenti. I territori di provenienza dei bambini compresi nel provvedimento sono vasti, anche se in teoria esso riguarda le aree di guerra del Donbass: Mosca per esempio considera oggi parte delle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk anche Mariupol, da cui almeno 40 mila persone sono dovute fuggire verso la Russia. Persino gli orfani di guerra o i minori non accompagnati della città più martirizzata dai russi potrebbero diventare cittadini di fatto del Paese aggressore.

Così questa guerra è combattuta ormai anche attorno ai bambini, come fossero un trofeo del campo di battaglia. E dal punto di vista di Mosca, si capisce: dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991 il Paese ha perso quattro milioni di abitanti e oggi il tasso di fertilità, a 1,5 figli per donna, non consente di fermare il declino demografico. «Sta diventando plausibile che nella Russia di oggi il potere politico senza il bisogno di ampliare la platea del pubblico indottrinabile e di crescere giovani che vadano a rafforzare l’esercito» osserva Andrei Kolesnikov, responsabile del programma Russia del Carnegie Endowment for International Peace a Mosca (che da qualche settimana è stato chiuso). È presto per capire quale sarà l’impatto delle nuove misure di Mosca sui bambini rapiti da Mariupol, dal Donbass o portati in Russia attraverso la Bielorussia durante l’assedio di Kiev. Di certo questa è la guerra di un’aspirante potenza imperiale demograficamente in affanno. E molti piccoli innocenti ne stanno già facendo le spese.