“Anche quando i prezzi dell’energia scenderanno, non è pensabile tornare ad avere la stessa dipendenza che avevamo. Dobbiamo eliminare per sempre la nostra dipendenza dalla Russia. Mettere un tetto al prezzo dei combustibili fossili importati dalla Russia ha un obiettivo geopolitico oltre che economico e sociale. Dobbiamo eliminare una delle principali cause dell’inflazione”. Mario Draghi non demorde: vuole arrivare ad un price cup sul gas russo e, durante la prima giornata d lavori del G7, ha riproposto con determinazione l’argomento anche con l’appoggio del presidente americano Joe Biden.
Draghi ha spiegato in maniera chiara e semplice che quella che sta affrontando ora l’Europa non è un’inflazione provocata dal sistema economico Ue dall’interno, ma un’inflazione importata, prodotta proprio dai rincari dell’energia. Rincari che, se non vengono limitati rapidamente, si espandono a catena ad atri settori e portano a batoste da cui poi è difficile riprendersi, proprio come sta accadendo per il gas.
Il premier è perentorio e cerca di convincere i 7 a imboccare la “via italiana”. Gli strumenti ci sono, e sono quelli che lui stesso sta provando a utilizzare da tempo: vanno mitigati i rincari dell’energia, compensate le famiglie e le imprese in difficoltà, tassati i profitti straordinari fatti dalle imprese.
E quando finalmente i prezzi dell’energia caleranno, bisognerà evitare il ritorno alla dipendenza dai combustibili fossili russi. Questo un punto essenziale della “linea Draghi”. Va spezzato adesso e qui il legame energetico con la Russia di Putin, “per sempre”. La sponda è quella data dagli Stati Uniti, che vuole il price cup al petrolio, con l’apertura della Germania e il via libera della Francia.
Draghi ha anche sottolineato che occorre “accelerare” gli sforzi sulla sicurezza alimentare, sbloccando le esportazioni di grano dall’Ucraina “molto prima di metà settembre”, quando arriverà il nuovo raccolto. Il premier ha ribadito anche il sostegno agli sforzi di mediazione che sta facendo l’Onu.
Bisogna evitare a tutti i costi, avverte ancora il premier, gli errori commessi dopo la crisi del 2008. E la questione non è puramente energetico-economica, ma anche fortemente politica. La crisi energetica va disinnescata anche per evitare un ritorno del populismo. Le elezioni in Francia, con il netto balzo in avanti di Rassemblement National, hanno restituito un risultato plastico e in questo senso inequivocabile. Diverso l’atteggiamento italiano, dove ai ballottaggi delle elezioni amministrative di domenica 26 giugno è stata schiacciante la vittoria del centrosinistra e altrettanto palese il sonoro cappotto del centrodestra, con il disastroso ritorno dell’alleanza Salvini-Meloni-Berlusconi.
Draghi fa anche un ulteriore passo in avanti. È abbastanza chiaro, prosegue, che nella situazione attuale avremo bisogni a breve termine che richiederanno ingenti investimenti nelle infrastrutture del gas nei Paesi in via di sviluppo e altrove, ma dobbiamo assicurarci che possano essere convertiti per trasportare idrogeno, “quindi questo è un modo per conciliare le esigenze a breve termine con le esigenze climatiche a lungo termine”.
Inoltre, molti Paesi in via di sviluppo e un continente, l’Africa, sono particolarmente adatti per investimenti nelle energie rinnovabili. È qui, ammonisce ancora il Presidente del Consiglio, “che mi aspetto che tutti i nostri Paesi finanzino, identifichino e progettino molti progetti di investimento in questo settore”.
Questo gruppo di Paesi del G7, ricorda ancora, è stato il più grande finanziatore nell’assistenza a progetti di investimento nei Paesi in via di sviluppo. “Dobbiamo fare di più e vogliamo anche essere, in questo sforzo, ampiamente riconosciuti nei partenariati con i Paesi in via di sviluppo”. Le banche multilaterali di sviluppo, e in particolare la Banca mondiale, saranno ulteriormente mobilitate, insieme al settore privato. Ancora una volta, “deve” essere intrapreso un ampio sforzo di partenariato con i Paesi in via di sviluppo.