Non si fa illusioni il ministro degli affari Esteri ucraino Dmytro Kuleba. Il timore che col protrarsi del conflitto possa succedere che alcuni alleati si defilino e smettano di inviare armi a Kiev è reale: «Nessuna guerra può mai cancellare la realtà della politica interna e nei Paesi democratici è inevitabile che le opposizioni cerchino momenti favorevoli per criticare il governo». Nell’intervista concessa a Lorenzo Cremonesi per «Il Corriere della Sera» Kuleba ha elogiato la fermezza del nostro presidente del Consiglio: «Draghi ha dimostrato una grande capacità di leadership, non solo riguardo all’Ucraina ma anche nelle questioni europee. E la politica funziona in questo modo: più hai successo più i tuoi avversari sono agguerriti. Però quello che conta è la capacità dei leader di spiegare ai cittadini che l’aggressione russa non riguarda solo le case ucraine, bensì ogni famiglia europea. Putin attacca gli equilibri interni, destabilizza, mira a indebolire libertà e democrazia. Se ci pensiamo bene, Mosca intendeva aumentare i prezzi dell’energia ben prima del 24 febbraio. Per fortuna Draghi e anche Macron tengono la barra a diritta».
Il giudizio di Kuleba sull’Europa è positivo: «Dopo la visita di Draghi, Macron e Scholz a Kiev vediamo unità, chiarezza d’intenti, ovviamente ci sono differenze tra loro e noi abbiamo bisogno di più armi e di sanzioni più dure contro Mosca. Ma in linea di principio si va assieme nella stessa direzione, unica nostra richiesta è che tutto ciò sia più veloce». A proposito del summit in corso a Bruxelles il ministro degli Esteri ucraino ha detto: «Quattro mesi fa l’Ucraina e l’Europa erano molto distanti. Da allora è cambiato tutto. Sappiamo bene che il processo per diventare Paesi membri a pieno titolo sarà lungo. In ogni caso, il messaggio è già chiaro: l’Ucraina fa parte del progetto di integrazione europea, finisce l’era dell’incertezza, si apre un’epoca nuova tra Paesi che condividono gli stessi valori». Nel corso dell’intervista Kuleba ha definito il conflitto in corso in Ucraina è «una guerra esistenziale»: «Nessuno vorrebbe pagarne il prezzo. Spero che la popolazione italiana capisca che Putin vuole la crisi energetica, economica e alimentare in tutta Europa. La Russia invidia il benessere europeo. Nel suo modello la gente deve vivere in modo disumano, pronta ad obbedire ciecamente ai capi. Questa è una guerra tra dittatura e democrazia non scelta da noi o dagli italiani, l’ha imposta Putin. Però si spara sulla nostra terra. La domanda per tutti deve essere: siamo pronti a sottometterci al diktat di Putin? Certo che no, ma allora dobbiamo combattere, se non lo faremo dovremo ammettere che le democrazie sono incapaci di difendere i loro valori. Se Putin dovesse prevalere, le ripercussioni sarebbero planetarie e si rafforzerebbero gli autoritarismi». In ballo c’è la democrazia, la libertà.
Agli Italiani che non sono d’accordo con il riarmo dell’Ucraina Kuleba si sente di dire solo questo: «Chiunque rifiuta di mandarci armi sostiene le atrocità russe». A proposito dei negoziati questi ha affermato: «Resta ferma alla scelta aggressiva di Mosca, intendono annettersi tutto ciò che conquistano, i loro cannoni continuano a sparare: questo è lo status quo». Il Donbass è un pretesto, una scusa: «Putin non vuole solo il Donbass e neppure soltanto l’intera Ucraina, mira ad allargarsi all’Europa, minaccia tutti noi, ci dice che non potremo vivere bene sino a quando i russi vivranno male. Si fermerà solo quando sarà stato sconfitto militarmente». L’offerta di un incontro tra Putin e Zelensky resta in piedi per l’Ucraina, ma bisogna prima creare le condizioni perché ciò avvenga. Una pace affrettata, ingiusta, non equa, sarebbe poco duratura. All’idea del Papa come possibile mediatore Kuleba pensa ancora ma «non c’è nulla di nuovo»: «Saremmo felici di avere il Papa a Kiev. Con la diplomazia vaticana abbiamo molto lavorato ultimamente per spiegare che questa guerra è tutta responsabilità russa e nessuno ha mai provocato Putin», le battute finali al «Corriere della Sera».