Basta grandi ammucchiate al centro, lo spazio politico da occupare è a destra

La grande ammucchiata al centro non deve far dimenticare che la vera svolta per la politica italiana serve a destra. Da destra. Lo ribadisce FIlippo Rossi, leader della Buona Destra, in un lungo intervento sull’HuffPost.

“La nuova moda dell’estate 2022 nella politica italiana sembra essere quella di ‘correre tutti al centro’ – scrive Rossi -. Questa nuova specie di sport nazionale si è arricchita recentemente di un nuovo partecipante, l’ex M5S Luigi Di Maio, che si aggiunge ai vari Calenda, Renzi, Toti, Brugnaro e altri nel disperato tentativo di occupare nuovi e onirici spazi politici. Tutti sgomitano per un posto al sole in questa fantomatica area centrista di ispirazione draghiana che, tuttavia, al di là dei roboanti proclami, pare piuttosto caotica, confusionaria e, soprattutto, ben lontana dal divenire realtà strutturata.

“Intanto perché il diretto interessato, il premier Mario Draghi, mostra di non gradire troppo l’uso e l’abuso del suo nome, utilizzati come foglia di fico per coprire la sostanziale inconsistenza, almeno per ora, della relativa proposta politica centrista-draghiana. Poi perché tali neocentristi, vittime di ego smisurato e ipertrofico paragonabile solo alla loro totale assenza di contenuti, sono tutt’altro che uniti e compatti né mostrano di avere idee molto chiare su chi dovrebbe guidare la “cosa centrista”, come questa si dovrebbe articolare e, soprattutto, che cosa dovrebbe proporre. Si ha la sensazione, infatti, che ci siano tanti galli nel pollaio intenti a beccarsi l’un l’altro piuttosto che a costruire qualcosa di politicamente sensato – scrive ancora il segretario della Buona Destra -. In tutto questo, mentre si dà per scontata la vittoria di Giorgia Meloni e del centrodestra (dis)unito alle prossime elezioni politiche, nessuno si pone il problema che più che un Grande Centro servirebbe invece proprio una nuova destra, visto che quella che c’è e che potrebbe diventare destra di governo è politicamente inguardabile e pericolosa, oltre che unita soltanto dalla brama di vittoria piuttosto che da un progetto credibile di Paese. La Meloni, infatti, è l’estremista che ha dato rappresentazione di sé in Spagna e non si comprende come i moderati possano accettarne la leadership, se non per sete di potere seduzione da poltrona, ovviamente”.

“L’attuale centrodestra, infatti, ricorda tanto un branco di squali che, fiutato il sangue della preda, appare compatto nella caccia, ma non appena giunto a banchetto si dimostra essere assai litigioso nello spartirsi il bottino a colpi di reciproci morsi- riflette ancora Rossi -. Fuor di metafora, il 2023 si avvicina e l’odore della vittoria aizza gli appetiti pavloviani del centrodestra, ma per quanto i rispettivi protagonisti potranno nascondere che quell’alleanza nei fatti già non esiste più? In questa legislatura i protagonisti di quel bizzarro consorzio politico si sono trovati scissi tra maggioranza e opposizione in due governi su tre, millantando al contempo unità di intenti (in psichiatria, si chiama dissociazione dell’identità!) e tutto ciò riuscendo pure a rimanere seri. In quest’ultimo anno, poi, la distanza si è resa lapalissiana pure a livello territoriale prima con le amministrative di settembre 2021, dove il braccio di ferro tra Meloni e Salvini per la leadership ha determinato la sostanziale sconfitta della coalizione; poi con quelle dello scorso 12 giugno, che hanno certificato il sorpasso di Fratelli d’Italia nei confronti della Lega anche al nord e legittimato l’OPA sulla coalizione da parte di Giorgia Meloni, facendo andare in tilt i vertici leghisti che ora chiedono, seppur sommessamente, lo scalpo di Salvini”.

“È una tragedia di cui nessuno però sembra volersi accorgere, nella sfrenata quanto inutile corsa al centro- conclude -. Pare, cioè, che a nessuno interessi che in Italia, unico paese in Europa, la destra si è identificata solo e soltanto con i populisti e i sovranisti. Come se la destra fosse solo quella estrema e non ci fosse invece un’area importante da rappresentare e a cui dar casa. Un’area riformista di destra, alta e altra rispetto a quella attuale, finalmente europeista, seria, pragmatica moderna e con lo sguardo rivolto al futuro. I timidi vagiti di  Toti e le estemporanee alzate di testa di qualche forzista governista non sono sufficienti a dar respiro a questo progetto politico che dovrebbe interessare molto più di ipotetiche ammucchiate al centro. Possibile che non interessi a nessuno l’assenza, al netto delle deliranti proiezioni di Silvio Berlusconi, di una destra normale che in questo Paese sembra ormai morta da tempo e per la quale al momento si fa fatica a vedere possibilità di resurrezione? Eppure quello spazio c’è, ed è necessario che qualcuno lo occupi”.