Che la guerra prendesse la scena al 75esimo festival di Cannes lo si era capito sin dal principio. Già quando sul finire della cerimonia di apertura l’attrice Virginie Efira ha annunciato a sorpresa il collegamento con il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky, che si è rivolto direttamente al mondo del cinema, ai cineasti e attori, perché non rimangano in silenzio di fronte alle barbarie, ai soprusi provocati dall’invasione russa. “Serve un nuovo Chaplin che dimostri che il cinema di oggi non è muto. Noi continueremo a lottare, perché non abbiamo altra scelta e sono convinto che il dittatore perderà. Ma il cinema starà zitto o parlerà? Il cinema può stare fuori da questo?”, ha detto il leader di Kiev. Poi ha citato il regista morto in Ucraina Mantas Kvedaravicius, il cui documentario “Mariupolis 2”, ultimato dalla compagna Hanna Bilobrova, sarà presentato al festival in una proiezione speciale a provare “che l’inferno è l’inferno”.
Prima del collegamento con Kiev già Vincent Lindon, che quest’anno presiede la giuria (con Jasmine Trinca giurato italiano), aveva speso qualche parola sul conflitto voluto da Putin: “I tormenti del mondo, che sanguina, soffre, brucia… in Ucraina, ma anche nelle dimenticate guerre nello Yemen e nel Darfur, mi tormentano la coscienza”. Lindon durante il suo toccante discorso aveva poi ricordato che il festival di Cannes “fu fondato per reazione al fascismo”. Ma è stato anche il giorno di Tom Cruise, arrivato in elicottero nero da perfetto «Top Gun». L’attore ha incontrato il pubblico in una masterclass omaggio all’attore hollywoodiano e promuovere il nuovo film «Top Gun: Maverick» in uscita (in Italia dal 25 maggio). “Amo il cinema, è la mia passione, faccio il film che volevo fare da ragazzo , per me il film è quello che vedo sul grande schermo, che io stesso come spettatore frequento, berretto in testa e pop corn. Non accadrà mai che un mio film vada in streaming”, ha detto la stella di Hollywood.
Non solo la presenza di Zelensky, l’intervento di Lindon. O il fascino di Tom Cruise. Il Festival di Cannes ha aperto la corsa alla Palma d’Oro con il film “Tchaikovsky’s wife” del dissidente russo Kirill Serebrennikov. Una pellicola in cui il regista, noto per le sue posizioni pro-LGBT+, parla dell’omosessualità del compositore. Un aspetto vietato nell’ex Urss un tempo e ancora oggi con lo zar. Il film racconta la travagliata relazione tra il famoso compositore e sua moglie Antonina Miliukova. La focalizzazione è interna: la vicenda è raccontata dal punto di vista di lei.
“Non è un biopic non è il personaggio principale. È un film su alcuni episodi della sua vita e su una donna che era ossessionata da lui”, ha spiegato il regista. In Russia, “Tchaikovsky è un monumento che non ha sofferto, che non ha avuto una vita privata”, ha spiegato sempre Serebrennikov. La sua sfera privata resta “sconosciuta ai russi, proprio come Cechov, Dostoevskij o Tolstoj”. Il regista non ha potuto partecipare al festival di per due precedenti nomination a causa di un controverso caso giudiziario che gli ha impedito di lasciare la Russia. Ora in esilio in seguito all’invasione russa dell’Ucraina, è decisamente improbabile che il suo nuovo film migliori la sua posizione al Cremlino visto il tema affrontato nella pellicola.