Imprenditori sfruttatori o giovani sfaticati: nella lotta tra queste due classi assistiamo ad un imbarazzante silenzio politico. Almeno, la destra italiana sembra accontentarsi della situazione: il tema immigrazione ha decisamente prevalso sull’abbattimento del cuneo fiscale, tanto che, se non fosse per le proposte di Confindustria, ci dovremmo accontentare di qualche piccolo bonus perlopiù temporaneo.
È bene ricordare che l’Italia non gode di una situazione virtuosa, anzi l’International Tax
Competitiviness Index (ITCI), indice che misura la competitività dell’imprese sul
territorio nazionale, posiziona l’Italia all’ultimo posto tra i paesi OCSE; e che il cuneo fiscale è ben sopra la media OCSE.
Quindi con un’imprenditorialità italiana che parte con un notevole handicap rispetto al
resto d’Europa e con una crisi mondiale in corso, il salario minimo (proposto come
possibile soluzione alla crisi del lavoro) non può che dare il colpo di grazia. Come può, per esempio, attualmente un imprenditore agricolo sostenere costi di manodopera che si aggirano sui 15 euro all’ora? Come può lo stesso dipendente, a sua volta, accontentarsi dei corrispondenti 6,25 uro netti all’ora?
È evidente che la filiera del lavoro così com’è non può reggere e alcune soluzioni “fai da te” per aggirare il sistema ci sono. Un esempio pratico riguarda un infermiere che può optare per due soluzioni: la prima è lavorare come dipendente e percepire circa 1500 euro netti, la seconda è aprire la P.IVA e percepire a parità di ore e mansioni circa il doppio (al netto anche dei costi di gestione della P.IVA). Questo sistema sta esasperando le parti e spesso impone di dotare di P.IVA i “dipendenti” che per natura o per scelta non dovrebbero imbattersi in questo ricatto.
A questo punto viene naturale chiedersi se vale davvero la pena farsi tutelare da un sistema che regge a suon di bonus oppure optare per un “fai da te” per essere
maggiormente efficiente. “Centro-Destra unito”, se ci sei batti un colpo: dobbiamo occuparci di problemi molto più seri che di slogan o di selfie. Delegare ad organizzazioni di categoria il compito di far ripartire l’occupazione non è la strada giusta!