Prove tecniche di dialogo, alla faccia di quelli che “la colpa è della NATO”, “gli americani vogliono la guerra”. Venerdì scorso il segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin ha chiamato al telefono – la conversazione è durata un’ora – il ministro della Difesa russo Sergey Shoygu. Una telefonata che non ha cambiato sostanzialmente la situazione, che ha smosso poco nella realtà della guerra in Ucraina, ma che è in segnale importante nel mantenimento delle linee di comunicazione tra Washington e Mosca, soprattutto se si considera che la Russia rifiutava da mesi il contatto diretto con la sua controparte americana.
Si tratta, infatti, del contatto americano di più alto livello con un funzionario russo dal 24 febbraio ed è la prima conversazione tra Austin e Shoygu dal 18 febbraio. Il Pentagono ha affermato che Austin “ha sollecitato un cessate il fuoco immediato in Ucraina e ha sottolineato l’importanza di mantenere le linee di comunicazione”. Il dialogo diretto tra la difesa e i leader militari statunitensi e russi hanno una strategica rilevanza per tenere a freno la possibile escalation.
Impossibile non legare la telefonata anche al colloquio di qualche giorno fa tra Joe Biden e Mario Draghi. In barba ai detrattori, il presidente del Consiglio italiano sa bene, e lavora attivamente, per la ripresa dei contatti diplomatici. Ma sa anche che abbandonare Kiev al proprio destino di vittima sacrificale, smettendo di fornire armi all’Ucraina, significherebbe una resa incondizionata alla Russia. E la differenza tra la ricerca della pace per via anche diplomatica e la resa al l’invasore è enorme.