L’uomo forte ma non solo. Anche la tendenza, tutta italica, a credere che ciò che si presenta come nuovo, come ultimo della lista, rappresenti la proposta migliore, quella che rinnoverà la politica, che seppellirà la casta e darà all’Italia un futuro migliore di magnifiche sorti e progressive. Assistiamo da anni, ciclicamente, a situazioni di questo tipo. In principio fu Berlusconi, l’uomo nuovo. Poi Monti, poi Renzi, poi il Movimento 5 Stelle. Ora è il turno delle Sardine.
Al di là di quelle che potranno essere le prospettive del movimento di Mattia Santori, è condivisibile l’analisi dei fallimento di tutti i tentativi di porsi come assoluta novità politica fatta da Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera. “E’ mancata innanzi tutto la verità. L’Italia ha bisogno che chi vuole governarla le dica la verità, le illustri la situazione in cui ci troviamo per quella che è. Cioè di un Paese che da ogni punto di vista sta perdendo colpi avviandosi se continua così a un declino storico – scrive il giornalista -. La quasi totalità dei nostri problemi, in un certo senso anche molti dei problemi economici, si riducono sostanzialmente a due, tra loro strettamente intrecciati. Da un lato abbiamo uno Stato paralizzato da un delirio di norme e regolamenti, incapace di fare, spesso inesistente, dall’altro un sistema dei poteri pubblici (parlamento, governo, magistrature) mal concepito dalla nostra Costituzione, non in grado di decidere, sommamente inefficace. E’ qui che bisognerebbe agire avendo qualche idea. Cominciare a rifare lo Stato, rifare le sue amministrazioni, i suoi uffici; dargli poteri effettivi di intervento, di controllo e di sanzione. E non esitare a dotarlo, dove occorre, per esempio contro il cancro della criminalità organizzata che si sta mangiando l’Italia, anche di poteri straordinari. E insieme cambiare le regole che presiedono al funzionamento del parlamento, del governo, della giustizia”.
Un pensiero altamente condivisibile. “Ma dovremmo anche riconoscere alcuni errori, a cominciare da quelli gravissimi commessi in tre ambiti chiave, anche questi tra loro intrecciati: la sanità, la scuola, l’ordinamento regionale – aggiunge Galli della Loggia -. Errori commessi a stragrande maggioranza e a nobili fini di riforma, ma che hanno dato risultati talora pessimi, spesso contraddittori, quasi sempre dai costi rovinosi.
La verità dunque, il coraggio di dire la verità parlando al Paese: questo è mancato e ho paura che mancherà anche al nuovo movimento che da ultimo sta raccogliendo gli applausi delle piazze. Perché dire la verità implica fare i nomi, indicare con chiarezza gli interessi grandi ma anche minimi, i gruppi, le corporazioni, le burocrazie, le pratiche di massa e l’abitudine diffusa all’ illegalità, che traggono un quotidiano vantaggio dalla paralisi dello Stato prosperando sul declino del Paese. E poi alle parole far seguire i fatti. Il coraggio della verità manca soprattutto perché in fin dei conti la verità non piace per nulla anche a tanti dei sostenitori del nuovo. Ai molti, ai moltissimi, che sono pronti ad applaudire ciò che si presenta come una novità di successo ma solo con l’intento di montarci sopra per conservare ciò che è vecchio, ovvero che si affretterebbero a scendere non appena dovessero accorgersi che si fa sul serio. La verità, insomma, vuol dire il rischio dell’impopolarità: la quale, lo tengano a mente i nemici di Salvini, anche lessicalmente oltre che politicamente è il contrario vero del populismo”.
“L’Italia è presa in questa alternativa diabolica – conclude il giornalista -: per salvarsi ha bisogno di un grande bagno di verità, ma anche il nuovo che da anni compare sulla sua scena preferisce non avventurarsi su questa strada perché teme di rompersi l’osso del collo. Come dargli torto? Molto meglio cullarsi nelle buone intenzioni, manifestare in santa pace contro i nemici del governo, ed ogni sera essere coccolati nei talk show televisivi”.