Un’inaugurazione in pompa magna di un progetto in ritardo di 14 anni. E che, quindi, ormai è vecchio.
Si tratta del Beleolico, il primo impianto eolico marino del Mediterraneo, situato di fronte al porto di Taranto: con i suoi 30 megawatt darà elettricità a 60 mila persone. Che bello, tanto da chiedersi: sta finalmente arrivando il momento della transizione energetica? Cioè della crescita delle energie rinnovabili che, oltre a curare il mal di clima, rappresentano la nostra assicurazione contro la dipendenza dai combustibili fossili e dalle guerre che alimentano? Neanche per idea: la situazione resta più bloccata che mai. “Per rendersene conto basta confrontare due numeri: quanta potenza eolica viene installata in un anno e quanta ne dovremmo installare in base agli obiettivi che si è dato il governo”, spiega Simone Togni, presidente di Anev (Associazione nazionale energia del vento).
In pratica la situazione è questa: l’eolico cresce al ritmo di 400-500 megawatt di nuova potenza all’anno e oggi in Italia ci sono impianti per circa 10 mila megawatt. L’obiettivo è arrivare a 20 mila megawatt al 2030. Vuol dire che, avendo meno di 8 anni utili davanti, occorre realizzare più di 1.300 megawatt all’anno. Cioè aumentare la velocità almeno di tre volte.
“In realtà anche di più, calcolando che prima di prendere il passo ci vorrà tempo”, continua Togni. “Ma purtroppo questa è un’ipotesi del tutto teorica che fa a pugni con la realtà. Di fatto c’è un no pregiudiziale delle sovrintendenze di fronte a ogni progetto. Alle imprese non resta che ricorrere in tribunale o, quando c’è divergenza tra i pareri di due diversi ministeri, al Consiglio dei ministri. E molto spesso vincono. Ma intanto sono passati 4 o 5 anni, è cambiata la tecnologia: quel progetto è diventato vecchio. Così il Paese si ferma. L’impianto che s’inaugura a Taranto ha un iter che è durato 14 anni, le procedure europee prevedono un iter di 6 mesi”.
Bene ha fatto allora Legambiente che, per protestare contro questi ritardi, ha organizzato oggi un flash mob a Taranto lanciando un doppio appello al governo.
Il primo è rivolto al premier Mario Draghi perché vari al più presto un decreto sblocca rinnovabili. Il secondo al ministro della Cultura Dario Franceschini perché indirizzi le sovrintendenze, inclusa quella speciale sul Pnrr, a non ostacolare più la transizione ecologica.
“Dopo 14 anni di ritardi e ostracismi istituzionali”, ha dichiarato Stefano Ciafani, presidente di Legambiente, “finalmente a Taranto parte il primo parco eolico off-shore del Mediterraneo. È un caso emblematico della via crucis autorizzativa del nostro Paese: il progetto proposto nel 2008 ha avuto la contrarietà degli enti locali e ricevuto il parere negativo della sovrintendenza per un impatto visivo francamente incomprensibile, considerando la presenza delle ciminiere dell’ex Ilva, della raffineria Eni, del cementificio e delle gru del porto industriale. E il caso di Taranto è purtroppo solo la punta di un iceberg”.
Un’accelerazione sul fronte delle rinnovabili aumenterebbe anche la competitività del Paese visto che questa energia viene offerta a un prezzo d’asta, bloccato per 20 anni, che oscilla attorno ai 65 euro a megawattora, di gran lunga al di sotto di quello dell’elettricità prodotta con i combustibili fossili. Ma non solo: ci permetterebbe di evitare il distacco dalla Germania, orientata a raggiungere il 100% di elettricità da fonti rinnovabili entro il 2035.