Se ne è andata una grande italiana. Oggi, nella sua Palermo, si sono svolti funerali di Letizia Battaglia, deceduta a 87 anni mercoledì scorso al termine di una malattia che l’ha strappata agli affetti familiari e a tutto il Paese che nel tempo ha imparato ad amarla di un amore intenso e appassionato.
Donna minuta, tanto piccola di statura quanto grande nella sua professionalità, Letizia Battaglia era la fotografa de L’Ora, quotidiano di Palermo quando a Palermo infuriava la seconda guerra di mafia degli anni ‘80. E lei, con i suoi scatti, l’ha documentata in tutta la sua spietatezza. Resa celebre dal famoso scatto in cui ha ritratto il povero Piersanti Mattarella, presidente della Regione Sicilia, ucciso dalla mafia il 6 gennaio 1980, fra le braccia del fratello, oggi presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, la Battaglia rappresentava un patrimonio storico e culturale dell’intero Paese, testimone di un epoca così vicina ma al contempo così lontana, che ha condizionato e continua a condizionare gli equilibri di potere in Italia in un modo che ancora rimane per la maggior parte oscuro.
Se ne va un pezzo di storia della Sicilia e dell’Italia intera. Letizia Battaglia sempre con la macchina fotografica in mano a immortalare frammenti di una memoria – spesso marcia e compromessa – della “sua Palermo”, eppure sempre con il sorriso sulle labbra e quella capacità di essere profonda e allegra al tempo stesso. Leggera come può esserlo una vera intellettuale innamorata del proprio lavoro e delle proprie battaglie civili al punto da risultare divisiva e volutamente provocatoria come nel caso delle foto di due adolescenti, le sue “bimbe” riprese indifferenti davanti a una Lamborghini, a dire che certe cose “non si comprano”.
Sempre dalla parte della legalità, la Battaglia era intellettualmente vicina a quei giudici che, come dei samurai, avevano, per la prima volta, messo sotto scacco Cosa Nostra. Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Rocco Chinnici e tutti i membri del pool. Eroi dei nostri tempi, tanto osteggiati in vita quanto osannati dopo la morte. E di quella stagione quasi mitica è stata testimone oculare, attenta e seria. Testimone oculare della Palermo di sangue degli anni 80.
Falcone non amava farsi fotografare e a precisa domanda, rispose alla Battaglia di scattare tante foto in occasioni pubbliche cosìcché prima o poi “qualche foto buona viene di sicuro”. E infatti, Letizia ritrasse il giudice antimafia in una occasione drammatica – l’ennesima – vale a dire i funerali del generale Carlo Alberto dalla Chiesa, ucciso dalla mafia il 3 settembre 1982 insieme alla moglie Emanuela Setti Carraro.
Impegno civile, dicevamo. Sì, perché Letizia dette fondo a tutta la sua sensibilità e alla sua profonda umanità non solo in battaglie civiche e in una sorta di “fotogiornalismo sociale” contro la mafia nonchè a favore delle donne siciliane, ma anche attraverso l’impegno diretto in politica con i Verdi prima, con i quali diventa assessore, e con la Rete poi. Fa rimuovere gli abusivi dal lungomare di Mondello restituendo alla città la vista sulla bellezza del mare siciliano. Perché la lotta alla brutalità mafiosa passa anche attraverso la bellezza della Sicilia e la sua rivalutazione genuina, lontano dal marcio e dalla bruttezza del compromesso morale e dell’indifferenza quotidiana.
No Letizia, non riusciva proprio a essere indifferente perché troppo era il suo amore per la città di Palermo che fotografava anche gratuitamente. Attiva e vitale fino all’ultimo, come racconta la figlia, la settimana scorsa era andata a un workshop a Orvieto, per portare la sua preziosa testimonianza professionale. Poi il peggioramento improvviso delle condizioni di salute e infine la morte.
Ci mancherai Letizia, che la terra ti sia lieve.