Un messaggio rivolto erga omnes, sicuramente, ma se il presidente del Consiglio Mario Draghi ha sentito l’obbligo di lanciare un simile segnale durante l’audizione al Copasir, significa che non poteva esimersi dal farlo.
“… Pertanto chi ha rapporti con certi Paesi, come la Russia o la Cina, lo faccia in trasparenza. In modo che non ci siano speculazioni”. Un passaggio che non ha riferimenti diretti, ma il Comitato per la sicurezza della Repubblica ne coglie la portata e Draghi lo incastona in una lunga esposizione sullo scenario internazionale ai tempi della guerra in Ucraina. Una guerra che, secondo il capo del governo, sta producendo un radicale cambiamento degli equilibri geopolitici, con la Russia di Vladimir Putin sempre più attratta nell’orbita cinese, e che — così facendo — sta tracciando una nuova cortina di ferro.
“Tutto ciò impone all’Italia di rafforzare l’ancoraggio all’Occidente, ai suoi valori e ai suoi alleati, evidenziando la sua collocazione Atlantica. Il nuovo mondo non è ancora nato, ma il mondo che verrà sarà la risultante di questa crisi. Perché il 24 febbraio (data d’inizio del conflitto) non è un incidente della storia, è uno spartiacque della storia. E la credibilità del Paese nel consesso internazionale — sottolinea il premier — passa dal suo posizionamento, che non consente ambiguità”.
Draghi, inoltre, avvisa che la guerra è destinata a durare “perché il presidente della Federazione russa non vuole la pace”. Un concetto ripreso e spiegato qualche ora dopo da un esponente del governo che ha accesso alle questioni riservate di palazzo Chigi e dei rapporti con l’Europa: “Putin vuole la resa di Volodymyr Zelensky. Non accetta di sedere al tavolo con chi vuole abbattere. E siccome il blitz è fallito, si sta riorganizzando per piegare Kiev definitivamente”. Ed ecco qua che cade la tesi finto-pacifista di chi sostiene che Roma abbia smesso di cercare la strada del dialogo con Mosca e che Washington ostacoli il percorso verso la de-escalation militare. Non è un caso, quindi, se al termine dell’audizione il presidente del Copasir Adolfo Urso sostiene che l’incontro “si è svolto in un clima di piena collaborazione”, ma anche di grande preoccupazione. Perché lo scenario illustrato dal capo del governo porterà ad un inevitabile rafforzamento delle sanzioni contro la Russia: oggi sul carbone, domani sul petrolio e dopodomani — in assenza di atti concreti da parte di Putin — anche sul gas. E, nel frattempo, il governo sta infatti lavorando per diversificare l’approvvigionamento energetico e sganciarsi da Mosca. Perciò lunedì Draghi farà visita ad Abdelmadjid Tebboune, presidente dell’Algeria: Paese che ha ottenuto il vaccino anti Covid dalla Cina e che si rifornisce di armi dalla Russia.
Al Copasir si discute per un paio di ore e si ragiona in prospettiva sul ruolo della Nato, sul sistema di difesa del Vecchio Continente, mentre vengono meno alcune certezze sui piani degli Stati maggiori, sulle tattiche di guerra, ed emerge la fragilità dei rapporti europei dopo l’uscita di Londra dall’Unione e la decisione di Berlino di investire sul riarmo. Tutto, comunque, ruota attorno “al ruolo dell’Italia nel quadro europeo e atlantico”. E su questo il presidente del Consiglio è chiaro, al punto da esprimersi con un concetto che non avrebbe bisogno di approfondimenti. Accanto a lui è seduto il sottosegretario Franco Gabrielli, Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica. E dopo che Draghi ha invitato ad avere rapporti con Russia e Cina “in modo trasparente”, Gabrielli chiosa: “Anche perché noi lo veniamo a sapere”…