Dalla sua bella casa nel centro di Mosca, il filosofo di Putin, Aleksandr Dugin, si lascia andare al suo delirio quotidiano contro la democrazia e l’Occidente. Certo, vivere in centro pagato dal regime è un bel vantaggio. Dugin infatti ci spiega di non aver visto neppure l’ombra di un manifestante ostile a Putin quando va a fare la spesa, e che di conseguenza i 15mila arresti in Russia sono un’invenzione dei media occidentali.
L’ideologo del regime ci informa anche del fatto che se l’Europa e la Nato continueranno a intromettersi nella pulizia etnica russa in Ucraina, verranno bombardate con un attacco nucleare. Tra un risposta e l’altra, il barbuto Dugin tiene anche a precisare che le notizie sulla malattia mentale del suo capo sono fake news, anzi, Putin è lucidissimo nel suo progetto neoimperiale eurasiatico e sovranista, alternativo alle elites liberali corrotte dell’Occidente.
Ora è evidente a qualsiasi specializzando in psichiatria che il sedicente filosofo soffra di un disturbo antisociale di personalità. Questo gli impedisce di comprendere quali siano gli standard etici e comportamentali basilari della comunità umana, per cui non riesce neppure a comprendere la malattia mentale altrui.
Tutto ciò però non deve sorprenderci. Oltre alla barba, Dugin e i kamikaze islamisti sono uniti dalla stessa patologia complottista e vittimistica occidentalista, come ha ben spiegato un vero filosofo, Hans Magnus Enzensberger, nel suo saggio sul “Perdenti radicale”. E già. Perdenti. Perché altri odiatori dell’Occidente, come quelli che si conficcarono nelle Torri Gemelle, sono finiti a bere vodka nelle caverne o in una linda, pulitissima cella a Guantanamo.
Minacciando un attacco nucleare contro l’Europa, Dugin si candida a fare la stessa fine. Ben presto la bella casa nel centro di Mosca da dove questo filosofo dei miei stivali può permettersi di fare propaganda eccitando le menti sensibili dei sovranisti europei, quella bella casa, sarà solo un ricordo.