La creazione dell’Esercito comune europeo è un punto cardine nel programma della Buona Destra per l’Europa federale. Una Europa con una vera politica estera comune, più forte e rispettata a livello globale. Quindi bene ha fatto il coordinatore di Fi, Tajani, a ricordare che l’esercito europeo potrà svolgere operazioni di peace-keeping e peace-enforcing e che dovrà essere in grado di intervenire sia verso il Mediterraneo che sulla frontiera orientale del Continente, oggi minacciata dalla Russia di Putin.
Certo è un obiettivo che richiede tempo. Periodicamente leggiamo sondaggi positivi sulla volontà dei popoli europei di dotarsi di un esercito comune, ma serve armonizzare gli obiettivi di politica estera spesso divergenti dei Paesi europei, tradizioni militari e diverse culture strategiche. Negli ultimi anni la Ue si è già spinta in questa direzione, stanziando fondi per la Difesa comune, finanziando missioni extraeuropee, con investimenti nella sorveglianza marittima, nella cyber-sicurezza, nella creazione di squadre di risposta rapida, nella intelligence comune.
Ma la vicenda Ucraina mostra ancora una volta che la Storia corre più veloce della politica: occorre superare il Trattato di Lisbona anche per valorizzare la spesa nellaDifesa dei singoli Paesi Ue. Tanto più che non si parla di pochi spiccioli. L’esercito comune avrebbe anche la funzione di rafforzare il ruolo dell’Europa nella Nato e proprio la Nato potrebbe essere un modello operativo integrato nella costituzione dell’esercito europeo. Resta comunque aperta la questione della guida e della gestione di una forza multinazionale europea. Temi non di poco conto considerando che Paesi come la Francia, dotati di un proprio arsenale nucleare, non saranno disposti a condividerne il controllo con altri decisori politici e militari.