Diplomazia e intelligence sono strumenti che si completano a vicenda, combinati insieme devono portare ad una spinta decisionale. Difatti la diplomazia necessita di analisi e conoscenze che devono essere fornite dall’intelligence in modo chiaro quanto oggettivo, certamente non ideologico. È questo il pensiero di Michele Valensise, ambasciatore e Segretario Generale del Ministero degli Esteri dal 2012 al 2016, che giorni fa ha tenuto una lezione al Master di Intelligence dell’Università della Calabria diretto da Mario Caligiuri. Per Valensise, resta cruciale la questione dei rapporti tra la diplomazia e l’intelligence, che rappresenta «il nucleo del nucleo della sovranità e della sicurezza di uno Stato». L’esempio delle informazioni sulle armi di distruzione di massa detenute da Saddam Hussein è abbastanza eloquente. L’esperto ha poi speso qualche parola sulla crisi dell’Ucraina e il forte interesse del presidente russo Putin per il Paese.
Al giorno d’oggi uno dei problemi da affrontare è senza dubbio quello della mole di dati e informazioni disponibili. Non è semplice né di poco conto selezionare quelli di maggior interesse e soprattutto più attendibili. Da qui la riflessione dell’ambasciatore sul ruolo di quattro rilevanti attori della scena internazionale: Usa, Cina, Russia, Unione Europea. Negli Usa l’amministrazione Biden non presenta solo elementi di discontinuità con il quadriennio Trump: il ritiro frettoloso dall’Afghanistan e il disimpegno dal Mediterraneo fanno capire che agli americani stanno a cuore i propri interessi nazionali e mirano ad incrementarli. L’attuale presidente poi ha dimostrato di avere una rinnovata considerazione delle istituzioni internazionali, quali Onu, Nato, Ue. Dall’altro lato del tavolo c’è la Cina, diventata negli ultimi anni una super potenza. È il paese che forse meglio di chiunque altro è riuscito a coniugare la rigida burocrazia del partito unico con un capitalismo aggressivo, non senza contraddizioni evidenti, rappresentati da diritti umani, Xinjiang, Taiwan, centralismo oppressivo, nazionalismo crescente, come ha chiarito Valensise nel suo intervento. Un esempio su tutti? La “Nuova Via della Seta”, con cui soprattutto l’Europa dovrà confrontarsi.
Nel corso del suo intervento Valensise ha parlato poi della Russia e della crisi dell’Ucraina. Una situazione in fieri di cui vanno considerati per l’ambasciatore gli aspetti culturali e psicologici. Putin considera la fine dell’Urss “la più grande tragedia del Novecento”, per questo Mosca ha innanzitutto l’obiettivo di riaccreditarsi come potenza mondiale, al pari di Usa e Cina. Comprensibile secondo questa logica lo stretto allineamento di Mosca con alcune importanti ex Repubbliche dell’URSS, quali Bielorussia e Kazakistan, e nelle intenzioni l’Ucraina, che considera parte dell’“unico grande popolo russo”. Qual è infine la posizione dell’Europa? Per l’esperto il vecchio continente, che la Cina giudica troppo astratto nella sua entità, sarà chiamato al compito faticoso di conciliare, cucire, di portare avanti il dialogo. Per Valensise occorre rafforzare l’Ue, potenziare il sentimento di appartenenza dei cittadini europei. Strada tutta in salita, ma un primo passo è proprio l’approntamento di misure comuni senza precedenti di solidarietà economica (Next Generation Eu), assieme alla reazione alla pandemia e alla risposta unitaria alla crisi ucraina.