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La storia della restauratrice di Torino che salva dai jihadisti i manoscritti di Timbuctu

Chi vuol davvero portare a termine un progetto, ignora i come quanto i perché; non si lascia intimidire dagli ostacoli. Va dritta per la sua strada. Lo sa bene Maria Luisa Russo, torinese di 44 anni, che dal 2015 lavora per il Centre for the Study of Manuscript Cultures dell’Università di Amburgo come co-manager del progetto di salvaguardia dei manoscritti di Timbuctu. Tra i pick-up carichi di soldati, nel retro di una jeep blindata, la restauratrice di libri antichi, come l’ha ribattezzata Pietro Del Re su «La Repubblica», lavora ogni mattina armata solo di passione. Volumi che possono valere milioni di euro. Per questa ragione la studiosa può muoversi soltanto protetta dagli uomini della Minusma, la Missione della Nazioni Unite nel Paese.

La città di Timbuctu, come qualcuno ricorderà, è stata depauperata durante l’invasione jihadista nel 2013. I fondamentalisti bruciarono oltre quattromila volumi; per fortuna però l’intervento di alcune persone è riuscito a salvare dalle fiamme diversi testi. Quando la città è stata riconquistata dall’esercito maliano, che ha potuto contare sul supporto dei francesi, ci si è resi conto però che la maggior parte di questi manoscritti era finita nella capitale di Bamako. E qui son stati tenuti in condizioni non proprio ottimali. «Questo vuoto implica la perdita di identità culturale, esponendo gli abitanti di Timbuctu al rischio che i jihadisti riescano più facilmente a imporre il loro modello religioso», ha spiegato la restauratrice. Anche perché bisogna tener conto che fino al 2012 le biblioteche private insieme alle moschee e ai mausolei erano state meta di turisti. Non solo: tanti i ricercatori e gli appassionati che accorrevano a Timbuctu, che nel XVI secolo era una delle poche città che poteva vantare abitanti eruditi, raffinatamente colti. Tutti alfabetizzati, preparati su argomenti come la filologia. Durante l’impero di Songhai, come racconta Pietro Del Re, inviato de «Repubblica» gli scienziati di allora scrivevano trattati particolarmente avanti per l’epoca, attuali, come i danni del tabacco o le gioie del sesso nella coppia. Un tesoro culturale dal valore inestimabile. «Bisogna ricreare il legame tra il patrimonio scritto e la società civile, altrimenti si deteriorano entrambi», ha raccontato Maria Luisa Russo a «Repubblica», spiegando che la zavorra in questo caso è rappresentata dalla totale mancanza delle istituzioni.

«Ci occupiamo della salvaguardia fisica dei manoscritti in modo da scongiurare i rischi legati al clima, e cioè alle alte temperature e all’umidità durante la stagione delle piogge. Dobbiamo poi combattere contro le muffe e gli insetti, ma anche contro la polvere del deserto, che è fortemente abrasiva e contro le componenti acide degli inchiostri antichi. Cerchiamo di applicare le regole della conservazione preventiva, ossia la pulizia e il regolare controllo dei parametri», ha spiegato la restauratrice torinese. Ma sono soltanto alcuni dei punti che si è prefissata di portare a termine: il suo progetto prevede anche la conservazione, digitalizzazione e catalogazione di tutti i libri antichi ritrovati. Un piano con cui lei vorrebbe coinvolgere gli stessi specialisti maliani, a cui si vuol trasmettere l’amore per tali documenti, che rappresentano l’anima della stessa città. Emblematico in tal senso lo slogan della Minusma di Timbuctu, che ha per direttore Riccardo Maia: «Protect the Heritage to build the Peace, proteggi il patrimonio per costruire la pace». Il progetto, come ha spiegato sempre la Russo, «è una delle componenti necessarie per un ritorno alla normalità».