di Gabriele Iuvinale
In questi giorni l’Unione europea è alle prese con un dibattito politico molto delicato, ossia quello del rilascio di un eventuale passaporto per i vaccinati che consentirebbe loro di muoversi liberamente, senza più restrizioni di sorta.
La quaestio non ha solo, e soltanto, una valenza giuridica, ma anche, e soprattutto, economica. Occorre trovare ogni soluzione adeguata per consentire una ripresa economica, soprattutto per quegli Stati dove la principale fonte di reddito è rappresentata dal turismo.
Ed il modello di riferimento sarebbe quello israeliano, per intenderci. Alcuni Stati membri premono su questa strada. Sono Cipro, Spagna, Malta, Portogallo Estonia ed Italia, le cui economie dipendono fortemente dal turismo. Altri, invece, sarebbero contrari. Sono la Romania, la Germania e la Francia, secondo i quali l’Europa non potrebbe rilasciare un certificato per motivi di viaggio fino a quando tutti i cittadini dell’UE non avranno uguale accesso ai vaccini. Anche di questo si parlerà, oggi, nella riunione del Consiglio d’Europa fissata dal Presidente Charles Michel. Dovremmo continuare ad adoperarci per definire un approccio comune in materia di certificati di vaccinazione, ha scritto il Presidente nella lettera di invito agli Stati membri. L’UE suggerisce, dunque, un approccio comune, evitando iniziative individuali di alcuni Stati membri.
Attenzione alla terminologia: ripristinare diritti naturali e non riconoscerne di speciali
C’è una questione pregiudiziale da chiarire, però. E non è soltanto terminologica. Le misure restrittive adottate durante i vari lockdown hanno portato alla compressione di diritti fondamentali ed inalienabili della persona. Diritti cosiddetti naturali, riconosciuti e tutelati universalmente. Il punto, dunque, non è se riconoscere diritti speciali alle persone vaccinate – come taluni sostengono – ma di ripristinare quei diritti fondamentali protetti costituzionalmente per ogni individuo. Diritti compressi, appunto.
Il “modello Israele”. Israele e Pfizer-Biontech hanno dimostrato, pubblicando dati sul sito del Ministero della Salute, che chi è stato vaccinato non sarebbe in grado di contagiare successivamente altre persone. Per questo, il Governo Netanyahu ha deciso di introdurre il cosiddetto passaporto verde.
Il Green Pass viene rilasciato a qualsiasi persona vaccinata o guarita dal Covid. Serve come permesso di ingresso obbligatorio in determinati luoghi (esempio palestre) secondo le indicazioni statali. Il pass è rilasciabile dalla settimana successiva a quella in cui è stata somministrata la seconda dose ed ha una validità per sei mesi. Oltre al passaporto verde, sono stati introdotti anche il certificato di vaccinazione, che viene consegnato a tutti coloro che hanno ricevuto una seconda dose di vaccino, ed il certificato di recupero, rilasciato a persone già guarite dal Covid, ritenuti da Israele non idonei ad essere vaccinati.
La situazione europea. I leader dell’UE discuteranno oggi della proposta formulata dalla Grecia. Quella cioè di rilasciare un certificato di viaggio per coloro che sono guariti dal Covid. Questo certificato eviterebbe ai viaggiatori il fastidio di sottoporsi ai test del coronavirus o di osservare una quarantena quando si recano all’estero.
Kyriakos Mitsotakis, Primo Ministro della Grecia, sostiene che per rimettere in moto l’Europa si deve agire ora sui certificati di vaccinazione.
La riduzione della nostra libertà e prosperità durante questa terribile pandemia è stata storicamente dolorosa e senza precedenti. COVID ha portato dolore e isolamento e ha avuto un impatto non solo sulla nostra salute, ma anche sui nostri mezzi di sussistenza, sulle nostre prospettive e sulle nostre norme sociali, sostiene Mitsotakis. L’obiettivo della Grecia è di evitare di perdere un’altra stagione estiva. Per questo il Premier ha indicato che imporrà la misura unilateralmente a meno che non venga presa una decisione a livello dell’UE. E per questo la Grecia avrebbe già stretto un accordo con Israele.
Euractiv.com riferisce che i leader dell’UE potrebbero già oggi decidere di adottare un approccio comune sulla questione.
Anche l’Austria ha preso una posizione netta al riguardo. Il cancelliere austriaco, Sebastian Kurz, ha infatti proposto di introdurre un pass verde, sul modello israeliano, per coloro che non rappresentano un rischio per la salute. Vogliamo un passaporto verde a livello dell’UE con il quale si possa viaggiare liberamente, viaggiare senza restrizioni per affari e andare in vacanza, oltre a godere finalmente di gastronomia, cultura, eventi e altre cose, ha scritto ieri in un messaggio su twitter.
Secondo Kurz, tre categorie di persone dovrebbero ottenere un tale passaporto: quelle vaccinate, quelle guarite e quelle che sono state testate di recente.
Se l’UE non dovesse iniziare a lavorare su questo progetto green pass, Kurz ha annunciato che l’Austria implementerà lo schema a livello nazionale.
La questione dei differenti vaccini
Con i certificati di vaccinazione, però, si pone una questione: quella dei differenti tipi di vaccini che saranno riconosciuti a livello dell’UE. Alcuni Paesi stranieri potrebbero aver curato persone con vaccini non approvati dall’Agenzia europea per i medicinali. Poi ci sarebbero dubbi sul fatto che gli attuali vaccini offrano una protezione sufficiente verso le nuove varianti Covid.
La gestione delle frontiere nello spazio Schengen. Potrebbero i singoli Stati membri dell’UE decidere regole individuali sul passaporto vaccinale? Tecnicamente si, poiché la gestione delle frontiere è principalmente una competenza nazionale. Ed infatti l’UE, finora, si è limitata ad adottare semplici raccomandazioni.
Eccole.
Il 13 ottobre il Consiglio ha adottato una raccomandazione per un approccio coordinato alla limitazione della libertà di circolazione in risposta alla pandemia di Covid, con l’obiettivo di evitare la frammentazione e le perturbazioni all’interno dello spazio Schengen ed aumentare la chiarezza e la prevedibilità per i cittadini e le imprese.
La raccomandazione afferma che le misure che limitano la libera circolazione per proteggere la salute pubblica devono essere proporzionate e non discriminatorie e devono essere revocate non appena la situazione epidemiologica lo consenta.
A seguito del rapido aumento dei casi di Covid in alcune parti dell’Inghilterra, il 22 dicembre la Commissione ha, inoltre, adottato una raccomandazione relativa a un approccio coordinato ai viaggi e ai trasporti in risposta alla variante di SARS-COV-2 identificata nel Regno Unito.
Da ultimo, il 19 gennaio scorso la Commissione ha adottato la comunicazione “Un fronte unito per sconfiggere la COVID-19” (COM(2021)35) che definisce le azioni chiave per gli Stati membri, la Commissione, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) e l’Agenzia europea per i medicinali (EMA) al fine di contribuire a ridurre i rischi e tenere il virus sotto controllo.