di Andrea Molle
Viene un momento nella vita di un politico in cui il bene del paese va anteposto agli interessi individuali e di partito: “Country before party” per dirla all’americana. Quel momento, in Italia, sembra non arrivare mai. La crisi pandemica, ultima di una lunga serie di crisi sociali e politiche che hanno caratterizzato il recente passato del nostro paese, avrebbe potuto rappresentare il punto di rottura con la lunga tradizione di sotterfugi e manovre di piccolo cabotaggio che da molti anni caratterizzano la politica italiana.
Invece, come spesso accade, la crisi non ha fatto altro che accentuare la parte peggiore del popolo italiano e di quei politici che sono interessati più al tornaconto personale che a perseguire gli interessi collettivi del paese. Sicuramente i problemi di questo Governo sono moltissimi e spaziano dalla politica estera a quella sull’immigrazione, passando per Scuola e la Sanità. Il Movimento 5 Stelle, entrato in parlamento con l’obiettivo di cambiare la prassi politica, ha finito per trasformarsi in una versione anche peggiore dei vecchi partiti. Peggiore perchè ai giochi di palazzo i suoi esponenti aggiungono la strafottenza tipica di chi può vantare solo una disarmante incompetenza.
È innegabile che non ci si è voluti preparare alla seconda, oggi terza, fase della pandemia, limitandosi a sperare che il virus se ne andasse da solo. Non solo, anche gli interventi di contenimento intrapresi in tutta fretta da Giuseppe Conte non hanno raggiunto lo scopo prefissato di contenere i danni, forse soprattuto per colpa della loro ambiguità e delle continue correzioni di rotta. Infine, la finora maldestra gestione del Recovery Fund e del piano vaccinale non fa presagire nulla di buono per il futuro.
Il presidente del Consiglio sta palesemente navigando a vista, mostrando alle volte troppa superbia e pensando di poter vivere di rendita sfruttando i buoni risultati della scorsa primavera, magari pensando più al suo futuro politico che al bene degli italiani. Il rischo è quello di ritrovarsi con un paese in rovina. Ma questo non giustifica l’aprire una crisi di governo al buio in questo momento troppo delicato, come sembrano suggerire le opposizioni esterne al Governo, capeggiate dai sovranisti, o interne, ovverosia i renziani. Questo sì sarebbe un suicidio. Quando la nave affonda non si discute su chi deve esserne il capitano; prima si risolvono i problemi e poi si ridiscute la leadership.
Ma non mandare a casa Conte non significa essere esonerati dalla responsabilità di offrire proposte concrete per aiutare il paese. Per questo motivo, riteniamo necessario rimodulare gli investimenti previsti nel vago piano governativo a favore di pochi progetti ben strutturati che comportino un maggiore investimento nei settori chiave per il paese. In primo luogo aumentando gli investimenti nella salute pubblica mirando a una maggiore efficienza nella cooperazione tra pubblico e privato, ma anche investendo in programmi di prevenzione e nelle attività sportive che possono ridurre l’impatto di molte patologie. In secondo luogo nella scuola, che ormai da anni vive in uno stato di emergenza costante sia sotto il profilo infrastrutturale che quello del personale. Infine nella difesa, sia per le ovvie implicazioni di politica internazionale che vede l’Italia ormai retrocessa a mero spettatore che, come la pandemia di COVID-19 ha dimostrato, per il ruolo indispensabile che le FFAA hanno nella gestione delle crisi umanitarie.
Oggi più che mai è l’ora della responsabilità, e non della smania di potere, per questo la Buona Destra dice no alla crisi di Governo ma pretende, fermamente, un cambio di rotta per il bene dell’Italia.