L’arresto della destra in Sardegna segna un punto di svolta per la coalizione guidata da Giorgia Meloni, mettendo fine al mito dell’invincibilità che l’ha circondata. L’esito delle elezioni regionali è emblematico di una serie di sfide interne e di strategie discutibili che hanno portato a un risultato insoddisfacente, segnando un momento di riflessione critica per l’intera coalizione.
L’imposizione di Paolo Truzzu come candidato, a dispetto di figure forse più popolari o consolidate, ha evidenziato una certa chiusura decisionale all’interno del partito di Meloni, suscitando malcontento tra gli alleati, in particolare la Lega di Matteo Salvini e Forza Italia di Antonio Tajani. La perdita di consenso della lista leghista e il voto disgiunto che ne è conseguito riflettono un malcontento non solo tra gli elettori ma anche all’interno dell’alleanza di destra, dove si registra un crescente bisogno di rinnovamento e di maggiore collaborazione.
La situazione richiama alla memoria la sindrome Michetti, ovvero la scelta di candidati non in grado di catalizzare l’intero elettorato di destra, come dimostrato dalla sconfitta di Enrico Michetti a Roma. Queste scelte, percepite come forzature dall’alto, sollevano interrogativi sulla modalità di selezione dei candidati e sull’effettiva capacità di ascolto delle basi e degli alleati da parte della leadership.
L’assenza di una riflessione aperta e di un dialogo costruttivo all’interno della coalizione, unitamente alla tendenza a blindare le decisioni, potrebbe alla lunga erodere il consenso non solo tra gli elettori ma anche tra gli stessi alleati. La mancanza di flessibilità e di adattamento alle criticità emergenti segna un punto di debolezza che potrebbe compromettere la solidità e l’efficacia dell’azione politica della destra meloniana.
In conclusione, la recente esperienza elettorale in Sardegna non è solo una sconfitta isolata, ma piuttosto un sintomo di problematiche più profonde all’interno della coalizione di destra. La chiusura mentale e la mancanza di dialogo, unitamente a scelte strategiche discutibili, potrebbero rappresentare nel medio-lungo termine ostacoli insormontabili per la leadership di Meloni, minando la coesione interna e l’appeal elettorale del suo partito e della coalizione che guida.