È sempre lì il bivio della Storia Europea. Dall’invasione della Polonia nel secolo scorso cominciò una delle più grandi tragedie del mondo. Oggi non siamo in queste condizioni, le guerre ci sono ma sono diverse, e l’Europa è stretta a tenaglia, da Est e da Sud, in più è tornata la paura del terrorismo interno. Ora l’Europa o cresce o muore, per incapacità di comprensione dei problemi. Finora era l’euro il padrone delle politiche, ora davanti ai kalashnikov l’euro non serve. Tusk è un Popolare, la famiglia europea che da sempre gestisce il boccino di Bruxelles. Serve uno scatto in avanti anche in Italia di un quadro di popolari e non populisti, ma finora non lo abbiamo capito. Queste sono le prime elezioni europee senza Berlusconi, e nonostante in tanti, non solo a sinistra lo attaccavamo, ora rischiamo di essere senza baricentro.
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La Meloni ed il centrodestra si giocano una partita altissima in primavera, senza un piano B, qualcuno che tratti con la possibile nuova Commissione. La quale non avrà solo i problemi dell’Italia, più pericolosi quelli finanziari che quelli sulla migrazione, ma avrà un quadro internazionale decisamente più complesso e preoccupante rispetto a prima. Non ci sarà più un Gentiloni, un mediatore comunque, magari ci sarà un falco intransigente sui nostri dossier. Noi continuiamo a guardare il nostro ombelico provinciale, con un mondo in fiamme vicino casa, fantasticando di piani Mattei, quando il pallino ce l’hanno turchi e sauditi. Se non fosse per il caro bollette e la benzina a 2 euro faremmo quasi tenerezza. Ma il rischio è che quello che si taglierà, per quanto è tenero, con un grissino sarà il nostro portafoglio. Se l’Italia, non solo la politica, non si sveglia e comincia a giocare sui fondamentali del gioco, che sono difesa e centrocampo di manovra, non c’è Crosetto che tenga.