È forse un caso che il governo Draghi sia stato buttato giù da due forze politiche che strizzano l’occhio a Vladimir Putin? Che l’esecutivo sia caduto grazie ai colpi di testa di personaggi che hanno sostenuto in passato lo zar? Certe cose non si possono dimenticare: il cavaliere azzurro Silvio Berlusconi nel 2010, in visita in Russia, ha definito il leader del Cremlino “un dono del Signore”; Matteo Salvini e si poi tweet del 2015 dal Parlamento europeo, mentre indossava una t-shirt con il faccione del presidente russo (“Cedo due Mattarella in cambio di mezzo Putin”, diceva con orgoglio il leader della Lega); Beppe Grillo che nel 2017, in un post sul suo blog, scriveva che la politica nostrana necessitava di “statisti come lui”; e dulcis in fundo Giorgia Meloni, che nel suo libro sostiene che la Russia ha sempre difeso “i valori europei e l’identità cristiana”.
Il portavoce del Cremlino Peskov nei giorni scorso ha detto che la crisi innescata da Conte e portata a compimento da Salvini è “un affare interno dell’Italia”, ma auspica un governo “non asservito agli Usa”. Vladimir Milov, consigliere di Navalny per spiegare la crisi nostrana ha pubblicato su twitter una foto di Conte e Putin. Eh sì, perché lo zar di foto con i populisti, estremisti e voltagabbana Italiani ne ha. Basta cercare su Google. Non sono poche.
E con dispiacere mista a rabbia guardiamo oggi a quel fotomontaggio postato su Telegram da Medvedev con la foto del leader britannico e quello italiano affiancati ad un punto interrogativo e la domanda “chi sarà il prossimo?”. Scholz e Macron sono certamente deboli in questo momento e con le dimissioni di Boris Johnson prima e di Mario Draghi poi, Mosca ne ha di motivi per brindare, per festeggiare. L’ex numero uno della Bce, lo ricordiamo, si è speso moltissimo dallo scoppio della guerra a febbraio per l’Ucraina: era un partner affidabile, Draghi è stato capace di offrire una guida sicura, non solo al nostro Paese, ma all’Europa intera.