Mentre gli Italiani aspettavano con impazienza il comunicato ufficiale con cui l’ottavo re di Roma e consorte annunciavano la fine della loro storia d’amore, il presidente del consiglio Mario Draghi dopo una giornata convulsa, tra le più difficili da che è a Palazzo Chigi, lasciava in auto piazza Colonna e saliva al Quirinale. L’intesa con Mattarella, come hanno rivelato i collaboratori dell’ex numero uno della Bce alla fine dell’incontro, durato circa un’ora, «resta fortissima». Si è parlato del viaggio del capo dello Stato in Mozambico e Zambia, ma soprattutto della ‘tarantella’ che i 5 stelle stan facendo ballare al governo e di cui il premier ha le “tasche piene”.
Diciamolo chiaramente, non se ne può più: i leader di partito son sempre pronti quando si tratta di mostrare i muscoli (muscoli poi) e di piantare le solite bandierine, che non spingono il Paese in avanti, anzi semmai rallentano la corsa. Addirittura per ostacolare il presidente del consiglio ieri son state rispolverate parole in disuso (roba da Prima Repubblica) come “verifica”. Berlusconi si è guardato bene dal tirare un palese calcio agli stinchi a Draghi, ha fatto passare la sua richiesta come una specie di assist. L’economista però, da grande appassionato di calcio qual è, non si è lasciato ingannare; conosce tutti i trucchi. E la lettera a Marco Tardelli e ai «cari Campioni dell’82» ne è una prova: «Sono passati quattro decenni dal trionfo ai Mondiali di Spagna e quella nazionale di calcio continua a ispirare tutti noi per la sua compattezza, il gioco di squadra, la sincerità delle amicizie», le parole che fan capire in un certo senso pure lo stato d’animo di Draghi.
Purtroppo il clima elettorale ha fatto scomparire quel senso di unità che aveva caratterizzato l’esecutivo Draghi ai nastri di partenza; ci si è dimenticati cosa vuol dire far gioco di squadra. Il premier però non sarebbe affatto scoraggiato. Stanco sì, ma ancora convinto che l’Italia, provata prima dalla pandemia e ora dalle conseguenze della guerra in Ucraina, abbia ancora bisogno dell’azione del suo governo. Fonti attendibili parlano non a caso di un presidente del consiglio «impegnato nell’agire», che vuole portare a termine la missione per la quale è stato chiamato a Palazzo Chigi. Non intende intestarsi il fallimento del Pnrr, vuole lasciare un Paese in condizioni migliori di come l’ha trovato. Le pressioni dei partiti non han cambiato il suo modo di agire: Draghi resta una persona pratica. È persuaso all’idea che la miglior risposta alle parole siano i fatti.
Come scrive Monica Guerzoni sul «Corriere della Sera»: «’Draghi è immerso nei dossier. Le dimissioni non sono un’ipotesi’ E se i 5 Stelle non voteranno la fiducia al Senato sul decreto Aiuti e usciranno dalla maggioranza? ‘Sarebbe un fatto politico rilevante’, ammettono a Palazzo Chigi. Mattarella potrebbe rinviare il premier alle Camere per verificare se c’è ancora una maggioranza, ‘ma non è detto che ci si arrivi’». In sostanza, si continua a lavorare. Per Renato Brunetta il vertice di oggi con Landini, Sbarra e Bombardieri «è un passaggio chiave, perché un buon patto sociale può salvare l’Italia e anche il governo». Ne è consapevole anche Draghi che ha fatto propria la filosofia di Mattarella: «Inutile parlare oggi di cosa faranno i 5 Stelle al Senato, se non voteranno il decreto Aiuti giovedì affronteremo il problema». All-in dunque sul patto sociale.