Inutile girarci intorno. La campagna elettorale per le politiche del 2023 è iniziata. Ciascuno sta cercando di forzare la mano e di piantare bandierine identitarie in vista dei prossimi mesi. Per poter dire “questo l’ho fatto io!” “questo è un mio provvedimento” e così fidelizzare una quota di elettorato. E’ una scelta irresponsabile perché le prossime settimane per il Paese saranno cruciali e sarebbe assolutamente obbligatorio, doveroso e persino scontato (se fossimo in un paese normale) assicurare al massimo possibile la stabilità di questo Governo.
Invece assistiamo al derby dei populisti tra Movimento Cinque Stelle e Lega che cercano di recuperare visibilità elettorale regredendo all’infanzia politica. Fratelli d’Italia che non ha mai smesso di fare campagna elettorale in servizio permanente, continua ad abbaiare alla luna lucrando dal comodo posto dell’opposizione. E via via le altre forze politiche seguono a ruota, con provvedimenti più o meno spot e slogan.
Si sta giocando con il fuoco e pochi se ne stanno accorgendo. Uno dei pochi che invece ha le idee ben chiare è Renato Brunetta che mette in guardia dal rischio di perdere l’occasione storica di una politica che finalmente torni a giocare un ruolo fondamentale nel destino della nazione, svincolata degli isterismi estremisti. In fondo, dice Brunetta, abbiamo già la base programmatica quantomeno per i prossimi cinque anni, che sono le riforme indicate nel PNRR. Il Presidente Mattarella ne ha ribadito la vitale importanza per l’Italia nel discorso di insediamento del 3 Febbraio che ha riscosso standing ovation bipartisan. Sarebbe ora di dar seguito concreto a quell’applauso.
E proprio questa la base programmatica – l’Agenda Mattarella-Draghi – che deve costituire lo strumento aggregante di tutte quelle forze responsabili che hanno a cuore il bene del paese. Non è il momemento dell’accrocchio per vincere tanto per vincere. Oggi serve responsabilità. Il vero bipolarismo (non quello posticcio e defunto centrodestra/centrosinistra) è quello che contrappone i populisti alle forze liberali, democratiche e patriottiche (non in senso meloniano) e da qui bisogna partire. Emarginare gli estremi per convergere sull’Agenda programmatica già in essere e che si sta sviluppando grazie all’azione di questo governo.
Le premesse sono buone: 45 degli obiettivi indicati per quest’anno sono stati raggiunti che ci consentirà di sbloccare altri 70 miliari del RF, ma occorre consolidare l’azione di governo attraverso un dialogo costruttivo tra le forze di maggioranza anche in vista della Legge Finanziaria. Non lasciamoci trascinare – avverte Brunetta – negli alambicchi o nelle stravaganze da campagna elettorale che sfociano in improbabili assalti alla diligenza dei singoli partiti; ma ragioniamo in ottica diversa, strategica, di lungo periodo. La legge finanziaria può essere l’esame di maturità per la politica italiana e impostarla in senso non elettoralistico (con mance e prebende), ma in modo concreto, realistico e pragmatico, può fare la differenza. Inutile e anzi dannoso inseguire le promesse elettorali irrealizzabili che determinano ancora più sconcerto e smarrimento nell’elettorato che poi si traduce in astensionismo. Meglio esser chiari, onesti e seri. Quel che si può fare e quel che non si può fare dovrebbe essere messo nero su bianco senza inseguire facili idoli o pulsioni.
Le elezioni amministrative dimostrano che l’elettorato sceglie la serietà e la capacità di ben governare ben oltre gli steccati ideologici.
“Scegliere la strada del futuro sarà facile, se privilegeremo l’“interesse degli italiani” (oseremmo persino scrivere “patriottico”) e analizzeremo lo scarto che esiste, a volte facendosi voragine, tra i vincoli sovranazionali e l’opinione pubblica. Abbaiare alla luna della sovranità perduta per colpa dell’Europa di certo non sarà compatibile con il completamento della nostra opera e con le riforme che richiede il Pnrr”, dice testualmente Brunetta mettendo a tacere in poche righe vent’anni di populismo sovranista. Oggi più che mai, infatti, è necessario ristabilire con forza la cornice europea della nostra azione politica anche e soprattutto da destra. L’attuazione del PNRR e le relative risorse può esser fatto solo in ottica continentale e non c’è più spazio per le posizioni antieuropee della Meloni (che si candida a governare il Paese), o per le formule vaghe dell’ex ministro Tremonti che parla di Repubblica Internazionale del denaro” o annuncia la “fine del mondo globale”. Non è questa la destra che può convincere, non è questa la destra che può governare questa delicatissima fase. Senza l’aggancio di un’Italia forte all’interno di un’Europa forte rischiamo di disperdere il capitale di credibilità che abbiamo riconquistato grazie all’azione riformatrice del governo Draghi. Non è tempo del populismo in salsa nazionalista.
No grazie! Non ci interessa. Abbiamo già dato. Abbiam dovuto sopportare il governo gialloverde che secondo Brunetta era il più pericoloso azzardo morale della storia politica italiana con un contratto per il cambiamento dove veniva disciplinato tutto e il contrario di tutto ma che ugualmente non ha resistito alla prova del Governo. Non ripetiamo – questo l’avvertimento – lo stesso errore. Tra l’inizio della legislatura e oggi, sono passati solo 5 anni, ma sembra passato un secolo. Il mondo è radicalmente cambiato e oggi dobbiamo davvero avere il coraggio di affrontare il cambiamento non con gli occhi populistici del “contratto opportunistico” tra forze politiche, ma con un nuovo patto sociale con i cittadini che ci indichi la via da qui ai prossimi decenni: come dice Brunetta, “scegliere la strada del futuro”. Questo è il compito della politica e questo la politica deve tornare a fare a partire da oggi.