Se serviva un’ulteriore prova del fatto che il centrodestra per come lo si è inteso fino ad oggi – vale a dire FdI, FI, Lega più varia piccola umanità – non esiste più, ci pensano le imminenti elezioni amministrative che vedono l’ex schieramento del tridente Berlusconi-Meloni-Salvini in pezzi da nord a sud dello Stivale, tra liti, sfiducia, rimpasti lampo poi ribaltati e persino ricorsi in tribunale. Da Torino a Palermo, quello che fu un blocco, almeno dal punto di vista del consenso elettorale, ritenuto granitico fino a qualche anno fa, è orami franato in macerie che ne hanno messo a nudo la scarsa effettiva stabilità. Con risvolti davvero incredibili.
Partiamo dalla Sicilia, dove la volontà di Fratelli d’Italia di riproporre per la Regione l’uscente presidente Nello Musumeci ha creato una frattura enorme con gli “alleati” anche per le amministrative. A Palermo, infatti, i candidati alle comunali per la carica di sindaco sono addirittura sei, tutti ascrivibili al centrodestra che fu: Francesco Scoma (Lega), Carolina Varchi (Fdi), Roberto Lagalla, (espressione dell’Udc e appoggiato anche dalla Buona Destra), Salvatore Lentini (autonomisti di Raffaele Lombardo), Francesco Cascio (Forza Italia). In più l’eurodeputata ex leghista Francesca Donato potrebbe candidarsi con Italexit, pescando comunque tra gli elettori di destra. Finchè non ci sarà convergenza su Musumeci, poi, la Meloni continuerà a bloccare i candidati di coalizione anche a Catanzaro e a Parma, dove ci sono però i candidati in pectore, civici ma benedetti dalla Lega, pronti a scendere in campo. Idem per Verona, dove la spaccatura ha portato alla ricandidatura dell’uscente primo cittadino Federico Sboarina, sostenuto da Fdi e Lega ma non da Forza Italia che si è sfilata e probabilmente sosterrà, così come la Buona Destra, Flavio Tosi.
Situazione complicatissima anche a Viterbo, dove a dicembre Fratelli d’Italia e Lega sono usciti dalla maggioranza sfiduciando il sindaco forzista Giovanni Arena, che alle elezioni provinciali aveva sostenuto un candidato azzurro alleato però col Pd contro il centrodestra. Ora però la situazione si è ingarbugliata ancora di più e i partiti vivono uno psicodramma: Fdi ha lanciato la candidatura dell’ex senatrice Laura Allegrini, non gradita però a Lega e a Forza Italia, col rischio di favorire un movimento civico o la candidata dem Alessandra Troncarelli, assessore regionale nella giunta Zingaretti, su cui comunque convergerà una parte di esponenti di Forza Italia. Al punto da aver fatto infuriare un big del calibro di Antonio Tajani, senza però trovare alcuna quadra su un candidato unitario per l’ormai ex centrodestra viterbese.
Anche in Basilicata tra gli ex alleati è finita a stracci: come ricorda Repubblica, tre mesi fa la Lega ha prima “scippato” il capogruppo di Fdi in consiglio regionale e ritirato i suoi assessori dalla giunta di Vito Bardi, eletto in quota forzista; poi, quindici giorni fa il governatore ha varato la nuova giunta ma con gli uomini della Meloni sull’Aventino e con la richiesta di un assessore in più. In due settimane appena si è passati perciò dal Bardi bis al Bardi ter, con una mozione di sfiducia infine evitata per soli due voti. Non proprio un’immagine edificante.
L’apoteosi del crollo del centrodestra però lo si raggiunge a Torino, dove addirittura si è arrivati ai ricorsi in tribunale: pietra dello scandalo la rielezione dell’ufficio di presidenza del consiglio regionale, che lascia fuori Fratelli d’Italia, partito della maggioranza che sostiene Alberto Cirio di Forza Italia. Il capogruppo di FdI Paolo Bongioanni è ricorso al Tar denunciando l’illegittimità dell’elezione, secondo lui viziata da un voto fatto da remoto tramite pec. L’emblema di una rottura ormai insanabile.