“Lascio la Lega dopo trent’anni, lo faccio ora perché nell’esaurirsi dell’impegno parlamentare finisce il vincolo più sacro della democrazia ovvero quello con gli elettori che mi hanno votato. E ancora lo faccio ora perché voglio togliere qualsiasi equivoco su mie eventuali aspettative derivanti dal voto del 25 settembre”.
Raffaele Volpi sta nella Lega da trent’anni. E’ considerato a pieno titolo e a buon diritto tra i parlamentari più influenti del Carroccio, già sottosegretario e presidente del Copasir. Matteo Salvini lo ha da poco epurato: fuori dalle liste della Lega per il 25 settembre, così come altri atlantisti critici col Cremlino. E lui, esponente di un’area più moderata e istituzionale del partito, se ne va. Perché di questa politica urlata, senza contenuti, che strizza l’occhio ai no vax ed è dichiaratamente filo Putin non ne può più. “La mia è una decisione sofferta, ma che deriva da un disagio, che peraltro so non solo mio, che da un po’ provo – spiega – ma che per lealtà e rispetto verso la comunità che mi ha accompagnato per tanti anni non ho fino ad ora espresso”.
“Da bresciano ho vissuto il covid nel suo epicentro, perdendo anche molti amici – ricorda l’onorevole ormai ex leghista su Il Foglio -. Ho sostenuto i provvedimenti difficili e a volte impopolari ma che ho ritenuto fossero utili per arginare il virus. Proprio in quel frangente non ho potuto apprezzare le posizioni, a volte opache, del mio partito, che non ha mai voluto limitare alcuni voci interne, minoritarie ma rumorose, che ammiccavano a no vax e negazionisti fino al punto di partecipare alle loro manifestazioni”. Il colpo di grazia alla storia d’amore tra Volpi e la Lega però è stato l’atteggiamento di Salvini sull’Ucraina. “Dall’osservatorio privilegiato del Copasir ho cercato di trasferire ai vertici del partito, sempre nei limiti del lecito, valutazioni di scenario, dalla Libia al Mediterraneo, dai rapporti con gli alleati alla guerra in Ucraina,, fornendo elementi per analisi di geopolitica – racconta ancora Volpi a Il Foglio -. Purtroppo nelle poche e brevi occasioni in cui ho potuto avanzare le mie tesi, ho percepito solo un distaccato disinteresse. Io non posso che confermare la mia convinta visione atlantista, che non si limita all’acronimo Nato, ma investe una ampia condivisione di valori che sono l’essenza stessa dello spirito dell’Occidente e che non possono essere negoziabili. Sulla feroce aggressione della Russia all’Ucraina, dunque, non ho potuto apprezzare certe ambiguità e certi distinguo, a partire da quelli sugli aiuti militari da inviare a Kyev. Tentennamenti incomprensibili, convinto che lì vi sia una frontiera di valori, di libertà e di legalità che vada difesa”.
Volpi e la Lega di Matteo Salvini, insomma, sono incompatibili ormai. Specie dopo la condanna a morte da parte del leader del Carroccio del Governo Draghi, in un momento così difficile per il Paese. “Fin dall’inizio del Governo Draghi si è palesato un atteggiamento dicotomico tra segreteria e delegazione nell’esecutivo – chiarisce -, sino al punto di non pubblicizzare le attività e i corposi provvedimenti varati dai nostri ministri, e fino al punto di partecipare poi alle manovre che hanno determinato la caduta del governo stesso”. Volpi ha raggiunto il punto di non ritorno. “Lascio la Lega con la sofferenza di chi ha percepito un progressivo distacco – conclude -, quasi un abbandono politico e personale, un’impossibilità di dare un contributo. Lascio con la sensazione di chi sente di non far più parte di un progetto e non per propria scelta”.