Vodka, lambrusco e vecchie abitudini: le “dolcezze” tra Silvio e Vlad fanno tremare Giorgia

Giorgia Meloni non è infuriata con Silvio Berlusconi: è sconcertata, allibita, incredula. Il primo istinto è ribattere, ma rischia di saltare tutto. Trascorrono tre ore in cui il governo è davvero in bilico: la raggiungono i big e le scrivono i fedelissimi, “Giorgia, non cadiamo nella trappola”. Basta un’altra sola parola fuori posto per mandare all’aria la maggioranza. Stavolta Silvio Berlusconi, con le sue esternazioni sulla “dolcissima” lettera che Putin gli ha inviato in occasione del suo compleanno, l’ha sparata davvero grossa.

L’esecutivo ancora non è nato e già ha perso ogni credibilità, in via definitiva dopo che tutti abbiamo potuto sentire l’audio diffuso dall’agenzia LaPresse.

Tenere il punto senza archiviare questa maggioranza: ecco l’equilibrio precario di Meloni. Non reagisce all’incredibile sortita filo-putiniana di Berlusconi, ma sa bene che incidenti del genere minano la credibilità dell’esecutivo che nascerà (che dovrebbe nascere). Perché colpiscono il rapporto con Washington, su cui la presidente di Fratelli d’Italia investe da mesi ogni energia geopolitica e strategica. E infatti, la prima vittima dello show di Berlusconi su Mosca è Antonio Tajani, il principale sponsor dell’appeasement con Fratelli d’Italia. Appena il Cavaliere termina il suo intervento, il candidato alla Farnesina si piazza in Transatlantico, attorniato dai suoi. C’è un silenzio irreale, nella speranza vana che non escano le frasi su Putin che, invece, le agenzie diffondono poco dopo. Meloni è esterrefatta. Sente il big azzurro, si ragiona anche di una possibile presa di distanze da Berlusconi. Il rischio è che la dinamica diventi inarrestabile e rimetta in discussione l’opzione di affidare gli Esteri a FI. Insomma, il danno è grosso. Anche perché un governo di centrodestra che si professa alleato leale degli Stati Uniti e membro attivo dell’Unione europea può forse (forse) rendere innocuo il putiniano Matteo Salvini. Ma due leader su tre dei partiti principali della coalizione che intrattengono rapporti personali e occulti con Mosca sono un problema di sicurezza nazionale.