Chi intende portare avanti l’agenda Draghi può contare sul “nonno al servizio delle istituzioni”? “Un nonno resto”, ha tagliato corto il presidente del consiglio ieri in conferenza stampa. Poche parole che lasciano aperta la porta della speranza di chi si augura un Draghi bis. Che l’economista ami profondamente il proprio Paese e che voglia proteggerlo da venti populisti e sovranisti lo si intuisce da una decisione assunta nelle scorse ore: l’ex banchiere non parteciperà in video conferenza all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, come aveva stabilito dopo la caduta del governo, ma si recherà di persona nella Grande Mela. Una scelta che si può interpretare come l’ultimo paracadute dell’ex numero uno della Bce prima del ritorno degli Italiani alle urne e che sembra una mano tesa a Calenda, Letta e a quanti si sono uniti contro le destre estremiste.
La data del viaggio non è stata ancora fissata, ma con buona probabilità Draghi volerà oltreoceano il 20 e il 21 settembre. Verosimilmente nella sua amata New York sarà protagonista di incontri con investitori e di qualche faccia a faccia con altri leader presenti all’evento. Potrebbe vedere anche la segretaria del Tesoro Yellen. Chissà che Draghi non possa avere addirittura un colloquio con il presidente Usa Joe Biden. Non è da escludere visti i rapporti che intercorrono tra i due; sarebbe altresì un modo per rassicurare la Casa Bianca, che avrebbe voluto Draghi in sella fino alla primavera del 2023. In un momento geopolitico così delicato non ci voleva la caduta del governo presieduto dall’ex numero uno della Bce, a trazione europea e atlantista. “Inserita in questo quadro, la visita di Draghi a New York finisce inevitabilmente per attirare l’attenzione. Nulla, d’altra parte, succede per caso. Il premier italiano ha lasciato trascorrere alcuni giorni dalla crisi di governo, utili a riorganizzare le idee ed elaborare l’accaduto. Poi ha rimesso la testa sui dossier più delicati. Deciso comunque a portare a termine il compito, che non si esaurirà prima di fine ottobre”, scrive Tommaso Ciriaco su «Repubblica» fotografando perfettamente la situazione a Palazzo Chigi e raccontando gli umori dell’ex banchiere.
Si può leggere il viaggio di Draghi in America come l’estremo tentativo di evitare che in Italia si realizzi l’avvento della destra sovranista. Non dimentichiamoci che il leader della Lega Matteo Salvini e il presidente di Forza Italia Silvio Berlusconi, sono grandi ‘estimatori’ di Putin. E proprio a loro gli Usa e Bruxelles prestano attenzione, spaventati all’idea che ambedue possano spostare la linea della politica estera italiana verso est. Un rischio che Draghi non intende correre, c’è la sua parola di mezzo. La credibilità dell’Italia è cresciuta grazie a lui, che ha fatto da garante negli ambienti che contano. Finché ne avrà facoltà l’economista ribadirà che il nostro Paese onorerà gli accordi assunti, resterà al fianco dell’Ucraina.
La leader di Fratelli di Italia Giorgia Meloni ha capito il gioco dell’ex numero uno della Bce, per questo l’ha sentito negli ultimi giorni: a giornalisti e cronisti ha ribadito che manterrà la politica estera italiana ancorata all’atlantismo e al sostegno di Kiev. Ma dagli Usa non si fidano; tantomeno si sentono rassicurati dalle sue parole in quel di Bruxelles. Chi deve approfittarne sono Calenda e Letta, i quali hanno firmato un patto repubblicano, intendendo proseguire l’azione del governo dimissionario. Il viaggio di Draghi a New York dunque arriva in un certo senso come un assist, c’è poco da dire. È un’occasione preziosa da non sprecare: con una buona dose di fortuna la palla potrebbe non solo finire in rete, ma segnare la vittoria della partita. “Abbiamo scritto che il candidato premier lo decideremo insieme, non c’è un meccanismo automatico, ma la speranza che possa rimanere Mario Draghi accomuna sia me che Enrico Letta”, ha detto il leader di Azione, ai microfoni di «Sky TG24». Vedremo.