Una sfida culturale degna di un grande Paese

L’Italia, in virtù di quanto è stata capace di rappresentare nella storia mondiale fin dalla notte dei tempi, ha certamente le carte in regola per essere definita un grande Paese: culla della civiltà, della cultura, dell’arte, della diplomazia, della politica, del cristianesimo e del potere più in generale, che ha sempre avuto nella città di Roma il suo cuore pulsante.

Guardando a quanto offre oggi il panorama nazionale, pare che tale retaggio sia però andato irrimediabilmente smarrito, visto che ignoranza, incultura, impreparazione e maleducazione abbondano tra i principali protagonisti di quella che dovrebbe essere la classe dirigente di una realtà non marginale nello scenario globale. Un ex Deputato di lunghissima esperienza, a cui recentemente chiedevo un saggio parere sul Presidente del Consiglio, mi ha risposto “Sai, Conte sta lì, va bene a quasi tutti, si presenta bene, è Professore e di questi tempi sono doti non proprio comuni”. Ecco, il livellamento verso il basso nella selezione della classe politica italiana ha reso possibile il fatto che siano sufficienti una cattedra e un abito non stazzonato per eccellere rispetto alla massa e restare ben saldo a Palazzo Chigi, attraversando indenne il ribaltone nella maggioranza di governo della scorsa estate.

D’altronde, in un Parlamento come quello in carica nel quale il reddito complessivo dei suoi componenti non supera l’1% del PIL nazionale e in cui dalla Legislatura Costituente c’è in assoluto la più bassa percentuale di titoli di studio superiori, non ci si deve certo stupire di fronte a constatazioni del genere.

Oggi tra Camera e Senato è presente una trasversale e ampia maggioranza di autentici miracolati che fuori da quelle Aule non occupavano certo ruoli di rilievo nella società: questo è un problema enorme che si riflette in maniera devastante sulla guida del Paese, affidata a persone che salvo rare eccezioni non hanno mai avuto alcuna precedente esperienza professionale o istituzionale di alto livello, delle quali emerge ogni giorno di più la totale improvvisazione con risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Tale amara considerazione può facilmente estendersi anche a buona parte di chi ricopre incarichi di primo piano nelle forze di opposizione, a conferma del fatto che la questione sia purtroppo estesa all’intero arco costituzionale.

A prescindere dagli schieramenti di appartenenza – che si dimostrano del tutto ibridi e mutevoli, privi di una salda base ideologica quali sono attualmente i principali partiti italiani – è lecito domandarsi perché si sia arrivati a questo punto e, soprattutto, come sia possibile una reale inversione di tendenza rispetto a una pericolosa china che ha condotto l’Italia in fondo a un baratro. Come diceva il Presidente Cossiga, non bisogna peraltro illudersi che arrivando al punto più basso si debba necessariamente risalire per inerzia, visto che “una volta toccato il fondo, si può sempre prendere la vanga e cominciare a scavare”.

Oggi è indispensabile, per pensare di uscire dalle sabbie mobili in cui sguazzano populisti, demagoghi, pauperisti e miracolati di varia estrazione, un deciso scatto di orgoglio da parte delle nostre migliori risorse: i veri intellettuali, gli uomini che hanno dimostrato nei fatti di saper essere degli autentici patrioti in ruoli di enorme responsabilità internazionale, i grandi imprenditori illuminati che tengono alto il nome dell’Italia con le proprie capacità. Una profonda rivoluzione, non solo in senso liberale ma anche e soprattutto culturale, per combattere con armi alte e nobili una deriva che sta minando la credibilità nazionale oltre che la nostra stessa economia, ancor di più in una fase tanto critica quanto lo è quella della incerta ripresa a seguito del Covid 19.

Questo è il principale traguardo che si pone a chi vuole avere la reale ambizione di rovesciare le sorti avverse in cui versa il Paese. Non è una sfida etichettabile come di Destra o di Sinistra, anche perché (almeno nominalmente) altrettanto trasversali sono le forze che hanno gettato l’Italia nell’abisso culturale, sociale e politico in cui si trova. Solo con una proposta totalmente innovativa e all’insegna della selezione qualitativa in termini di capacità, di cultura e di preparazione, riportando l’asticella verso l’alto, sarà possibile relegare molti tra gli attuali protagonisti della scena istituzionale al più congeniale ruolo di comparse, dando così a una consistente parte di elettorato un buon motivo per interessarsi nuovamente alla politica, di fronte alla prospettiva che le migliori energie nazionali siano impegnate direttamente a rimettere in piedi il nostro grande Paese.