Un ministero val bene la svolta giustizialista: la metamorfosi di Nordio

“Io penso che l’ergastolo ostativo, il principio cioè che al reo non venga concessa la possibilità di alcun beneficio, sia un’eresia contraria alla Costituzione. Bisogna strutturare la legge in modo che l’ergastolo possa rimanere come principio ma bisogna anche ricordarsi di cosa dice l’articolo 27 della Costituzione. Ovverosia: le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. ‘Gettare via le chiavi’ è un’espressione vergognosa, non ha nessun senso, è mutuata da una vecchia prassi del pool Mani Pulite che qualche volta la utilizzava per minacciare la carcerazione preventiva. Il carcere deve essere sempre più limitato a quei gravi reati che provocano un grave allarme sociale. Il peccato più grande della destra di oggi, quando si parla di giustizia, è proprio questo: confondere la sicurezza con la giustizia, pensare che la sicurezza, sulla quale siamo tutti d’accordo che deve esistere un’attenzione particolare, debba essere garantita non solo dalla giustizia, dal suo sistema, ma dalla presenza di una pena severa. Abbiamo un sistema penale che minaccia pene esorbitanti. Invece, purtroppo, buona parte della filosofia della destra, quella più gridata, è stata a lungo questa: la giustizia dipende dalla sicurezza, la sicurezza va garantita a tutti i costi, per garantire la sicurezza si possono calpestare alcuni diritti e calpestare alcuni diritti significa, per esempio, creare nuovi reati e inasprire le pene.

Parole e ragionamenti pienamente condivisibili in una democrazia liberale, parole che il Guardasigilli Carlo Nordio scambiava con Claudio Cerasa in un’intervista uscita su Il Foglio mesi fa, prima di ottenere un seggio in FdI ed entrare nell’esecutivo di Giorgia Meloni. Peccato che quello stesso Nordio garantista oggi sia il ministro della Giustizia di un governo formato dalla peggiore destra estremista, che ha fatto una ignobile propaganda sullo sgombero di un rave e ha preso il raduno illegale (uno dei tanti che ogni mese si organizzano in Italia) come palla al balzo per un decreto urgente (ma ce ne era davvero bisogno?) mirato a superare le norme attuali sull’ergastolo ostativo (cioè l’ergastolo senza possibilità di scampo, che non prevede sconti di pena o permessi, già giudicato inaccettabile dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e dalla Corte costituzionale) e alla modifica della Costituzione per vararlo. Un’istanza prioritaria che, tra bollette pazze e crisi economica, gli italiani evidentemente non vedevano l’ora di vedere soddisfatta. Al punto tale che alla fine anche la premier ha capito di stare muovendosi su un terreno minato a pochi giorni dall’insediamento e ha fatto retromarcia introducendo il nuovo reato relativo ai raduni illegali e ventilando soltanto la possibilità futura di un’eventuale modifica costituzionale.

Ma il dato politico resta. E il dato politico è che la maggioranza di governo è populismo e sovranismo allo stato puro, e lo certificano le parole stesse di Carlo Nordio, già ai ferri corti con il suo presidente del Consiglio, che lo ha nominato per dare un taglio moderato al suo governo, ma poi gli ha affiancato come sottosegretario un suo uomo di fiducia, Andrea Delmastro, per inibirne ogni velleità garantista. Non a caso, ieri l’imbarazzo di Nordio era palpabile durante la conferenza stampa di Palazzo Chigi in cui la presidente annunciava il primo provvedimento giustizialista del suo governo. Ma evidentemente una poltrona da ministro vale più della convinzione garantista e de rispetto dello stato di diritto.