Ucraina nella UE: non una provocazione ma la probabile soluzione della crisi

Secondo alcuni ammettere l’Ucraina nell’Unione Europea mentre è in guerra con la Russia vorrebbe dire andare in guerra contro Mosca, favorendo un’escalation che lo stesso Putin sta cercando. In sintesi, sarebbe una sorta di provocazione che si trasformerebbe per i russi in propaganda così da sentirsi legittimati ad allargare il conflitto.

Nessun dubbio sulla pericolosità di Putin e sul contesto di guerra in cui si muove in questo momento la politica estera, ma riconoscere intrinsecamente una sorta di veto o di placet all’aggressore russo rispetto a un legittimo diritto da parte di uno stato sovrano come l’Ucraina a poter richiedere, come ha infatti richiesto il presidente Zelensky, l’adesione all’UE, e non certo ad un’alleanza militare, è una posizione politica sbagliata e difficilmente sostenibile per tutte le forze politiche, in particolare per quelle di ispirazione liberale.

La storia ci insegna che l’inclusione di un paese all’interno di un’organizzazione internazionale non militare non è mai stata la causa di una guerra, semmai l’esatto contrario, come quando nell’ottobre del 1933 Hitler abbandonò la Società delle Nazioni poco dopo aver abbandonato la conferenza per il disarmo di Ginevra, gettando così le premesse di fatto per il secondo conflitto mondiale e mettendo in luce l’incapacità delle maggiori potenze di costruire un nuovo ordine all’insegna della sicurezza collettiva e delle norme condivise.

Se “allargare le frontiere europee fino a comprendere lo stato ebraico è l’unica possibilità di andare a una rivoluzione democratica in tutto il medio oriente”, come insegnava Marco Pannella relativamente a Israele, con una battaglia durata oltre venti anni, non si capisce come un eventuale ingresso dell’Ucraina nella Unione Europea non possa rappresentare l’unica opportunità per quella rivoluzione democratica anche in Russia. Un ideale per il quale, ad esempio, l’oppositore Alexei Navalny sta pagando con la reclusione non essendo riusciti i russi a fargliela pagare con la vita.

Continuando ad applicare il pensiero su Israele dello storico leader radicale alla odierna crisi ai confini orientali dell’Europa, si può legittimamente sostenere che far entrare l’Ucraina nell’Unione Europea sarebbe un modo per “bagnare il detonatore dell’imperialismo russo”. Che quella dell’Ucraina nella UE sia la parte di una possibile soluzione della crisi anziché una provocazione, con buona pace di alcuni nostri leader politici nazionali, non è certo una novità: ne parlava già, infatti, nell’ormai super citato, ma forse poco letto, “editoriale profetico” del Washington Post del 2014 – all’epoca dell’annessione russa della Crimea -, Henry Kissinger, il quale sosteneva tra i “principi per una soluzione del conflitto russo-ucraino” che “l’Ucraina dovrebbe avere il diritto di scegliere liberamente le sue associazioni economiche e politiche, anche con l’Europa” ma che però “l’Ucraina non dovrebbe aderire alla Nato”.

L’adesione qualsiasi paese alla UE necessita, come noto, di un processo complesso e di atti e passaggi che possono richiedere anche molti anni e non necessariamente concludersi positivamente (si pensi alla Turchia, in corsa per l’Europa almeno dal 1963 con i famosi Accordi di Ankara). Tuttavia ciò che è necessario comprendere è che una buona politica italiana deve necessariamente riconoscere che come i confini di Israele possono essere i confini degli Stati Uniti d’Europa sul fronte Mediterraneo, così quelli dell’Ucraina lo sono già per il versante orientale. Così i cittadini ucraini, che già sentono di esserlo, possono diventare i cittadini degli Stati Uniti d’Europa, dell’Unione Europea.

La difesa, la sicurezza dell’Ucraina, così come per Israele nel Mediterraneo, possono coincidere con quelle di altri trecento milioni di persone ed essere integrate nel sistema difensivo che gli Stati Uniti d’Europa possono darsi e che forse è arrivato il momento che si diano. E’ in  questo che la politica europea oggi deve dimostrare di essere diversa da quella certamente “vigliacca” che fu una delle cause della tragedia dell’ex Jugoslavia, coniugando fin da subito la parola pace con giustizia, libertà e democrazia, le uniche cose che di cui hanno veramente timore i dittatori come Putin.