«Che cosa succedeva? Perché succedeva? Come era potuto succedere?». Le origini del totalitarismo, apparso all’indomani del secondo conflitto mondiale e in piena guerra fredda, è una delle opere più rivoluzionarie del Secondo Novecento. Per la prima volta venne posto sullo stesso piano il totalitarismo di destra e totalitarismo di sinistra, il nazismo e lo stanlinismo. Hannah Arendt analizza le cause e svela il funzionamento dei regimi, considerati come una conseguenza tragica della società di massa, all’interno della quale gli individui sono resi degli ‘atomi’, vale a dire sradicati da ogni tipo di relazione umana. Nello specifico, nella terza parte del libro, l’autrice pone l’accento su un tema, che con l’invasione russa dell’Ucraina in corso è di scottante attualità: i caratteri del totalitarismo nella società di massa, che instaura il potere attraverso il binomio ideologia-terrore. L’obiettivo di Hitler, come pure degli altri dittatori, quello di trasformare la natura dell’uomo.
Nel suo saggio Hannah Arendt sosteneva che il punto chiave dei totalitarismi fossero le masse, costituite per la maggior parte da persone che non aderivano ad un particolare partito politico, gruppi di persone tacciate di ignoranza, ritenute finanche innocue. Un dato quest’ultimo non da sottovalutare, proprio perché i regimi totalitari si nutrono appunto della fedeltà cieca e incondizionata al dittatore, alle sue parole. «Il suddito ideale del regime totalitario non è il nazista convinto o il comunista convinto, ma l’individuo per il quale la distinzione fra realtà e finzione, fra vero e falso non esiste più», spiega la filosofa. Sotto il regime le persone da sempre emarginate ed escluse per la prima volta avvertivano un senso di rivalsa, la percezione di poter contare qualcosa. Per la massa la presenza più rassicurante è appunto quella dell’uomo forte al potere. L’apoliticità delle masse, la loro natura amorfa, la mancanza di idee, diventano terreno fertile per il fiorire del totalitarismo. «Il regime totalitario non si distingue dunque dalle altre forme di governo perché riduce o abolisce determinate libertà, […] ma perché distrugge il presupposto di ogni libertà, la possibilità di movimento che non esiste senza spazio», si legge nel libro.
Lungimirante il pensiero dell’allieva di Martin Heiddeger: «Rimane il fatto che la crisi del nostro tempo e la sua esperienza centrale hanno portato alla luce una forma interamente nuova di governo che, in quanto potenzialità e costante pericolo, ci resterà probabilmente alle costole per l’avvenire». Parole profetiche se si guarda alla propaganda di Putin, a quanto sta accadendo in Ucraina. Frustrazione e isolamento, rabbia e invidia, sono le molle che spingono l’esercito di scontenti ad aderire al pensiero anti democratico del dittatore di turno. A differenza però di un secolo fa le persone che una volta venivano escluse dal discorso pubblico oggi trovano modo di esprimersi sui social. Il mondo del web è la piazza in cui dar sfogo alle proprie insoddisfazioni, scontentezze e delusioni. Ed è proprio su questi utenti così avviliti, inappagati, furenti con il mondo, perché ignorati da tutti, che fanno presa i totalitarismi.
E il “fenomeno” Putin non fa eccezione. Il presidente russo ne è consapevole e gode di un importante seguito. Per il Cremlino l’invasione dell’Ucraina è una risposta alle provocazioni del governo di Kiev, che avrebbe minacciato la vita e la libertà delle popolazioni russofone presenti nell’est del Paese. Secondo la spiegazione ufficiale l’«operazione militare» in Ucraina è necessaria per «distruggere il potenziale militare di uno Stato fascista». Rendiamoci conto, riflettiamo. È una propaganda quella dello zar che ha trovato proseliti anche in Italia, in seno a quello stesso gruppo che guardava con diffidenza ai vaccini. No vax, pro Putin… Un bel calderone.