Nell’intricato universo diplomatico, ciò che viene taciuto può essere tanto significativo quanto ciò che viene pronunciato. Questa premessa risulta particolarmente appropriata se riflettiamo sull’intervento del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, al summit NATO di Vilnius. Con una forza espressiva indubbia, Zelensky ha sostenuto con vigore l’aspirazione dell’Ucraina al rispetto e a un percorso definito di adesione all’Alleanza. Ha criticato con ardore la vaga formulazione delle “condizioni” per l’ingresso, paventando che questa ambiguità spinga la Russia a mantenere lo stato bellico e alimenti un pericoloso clima di incertezza.
Nonostante la fermezza di queste parole, si potrebbe dubitare che riflettessero appieno le aspettative del presidente ucraino. Zelensky era certamente consapevole della improbabilità che l’Ucraina fosse immediatamente accolta come trentatreesimo membro della NATO, data la resistenza di alcuni alleati, l’opposizione degli Stati Uniti e il delicato contesto di guerra ancora vigente. Un’adesione incondizionata e precipitosa avrebbe potenzialmente generato ulteriori conflitti piuttosto che risolverne esistenti. La priorità è evitare l’escalation, rispettando l’invito, principalmente da parte di Washington e Berlino, a circoscrivere la difesa all’area occupata ucraina, senza provocare un’espansione del conflitto oltre i confini russi.
La Nato e l’Imperativo della determinazione: Il momento di agire per l’Ucraina
Alla fine del summit NATO di Vilinius e del successivo Consiglio NATO-Ucraina (un format già sperimentato con la Russia fino al gennaio 2022, un’ulteriore testimonianza del potenziale dialogo distrutto brutalmente dall’invasione russa), Zelensky ha cambiato tono e ha espresso soddisfazione per i risultati ottenuti, nonostante l’adesione tanto desiderata non fosse stata formalizzata. Questa apparente incoerenza può essere interpretata, in realtà, come un esempio di pragmatismo diplomatico. Zelensky, infatti, nonostante l’ostinazione iniziale, ha accettato l’impossibilità di un esito diverso in questo stadio e ha accolto con favore gli impegni presi da vari attori (Francia, Germania, Regno Unito, Stati Uniti) in termini di forniture militari aggiuntive e il sostegno dell’intero G7 per riequilibrare le forze in gioco e gettare le basi per un negoziato a cui né Mosca né Kiev sembravano finora predisposte.