Stupri, deportazioni, rifugiati: la guerra di Putin ora è pulizia etnica

Donne violentate e poi impiccate, uomini uccisi senza pietà, cittadini deportati, oltre tre milioni di rifugiati in fuga dall’orrore della guerra e dalla barbarie dell’esercito russo. Ormai gli uomini di Putin non si fermano davanti a niente: visto che la guerra lampo che avrebbe dovuto consegnare al capo del Cremlino l’Ucraina in pochi giorni si è rivelata solo l’utopia del nuovo zar, si attua, in maniera punitiva, una pulizia etnica che va oltre la rappresaglia, ma che è figlia di un piano ben preciso che mira alla sostituzione degli ucraini con i russi. Ora più che mai, pertanto, è necessario aiutare gli ucraini. Perché bisogna evitare in ogni modo che Putin attui il suo disegno criminale: nell’idea del presidente della Federazione russa, infatti, gli unici che avranno diritto a sopravvivere saranno quelli che vogliono stare con la Russia, un concetto sovietico di democrazia dove sopravvive solo chi sceglie di schierarsi “dalla parte giusta”. Per gli altri, quelli che vogliono vivere liberi, restano solo macerie, violenze e deportazione.

L’orrore della pulizia etnica nei Balcani negli anni ’90 si ripete in Ucraina. E la storia insegna che i russi in questo sono esperti: già nel 1944, quando l’Armata Rossa riconquistò quasi tutto il territorio sovietico occupato dai nazisti, specie nel Caucaso le truppe di Stalin applicarono vere e proprie persecuzioni su minoranze etniche che avevano guardato ai nazisti come liberatori, come coloro che avrebbero spezzato le catene dell’oppressione comunista. A far le spese delle brutali e indiscriminate purghe staliniane furono karaciai, calmucchi, ceceni, ingusci, balcari, tartari di Crimea e altri gruppi di minoranza situati in regioni di confine. Che vennero perseguitati, sottoposti a violenze e deportati in condizioni disumane (su convogli che ricordavano quelli della Shoah) in Asia centrale. Nel 1956 fu Nikita Krusciov a denunciare questa inumana vergogna e solo decenni dopo fu permesso ai deportati di rientrare nelle loro terre d’origine.

La denuncia delle violenze ai danni delle donne (anche anziane) e degli uomini ucraini – ma l’indirizzo di Mosca è soprattutto quello di colpire bambini e civili di sesso femminile – arriva da un gruppo di parlamentari donne ucraine, ripresa dal Daily Mail. “Molte donne sono state uccise dopo essere state violentate. O si sono suicidate – dice Lesia Vasylenko, deputata di Kiev che con alcune colleghe è stata ricevuta a Londra alla Camera dei Comuni -. Il problema che è le famiglie delle vittime non hanno la forza di farsi avanti. Quando Putin non è riuscito a prendere l’Ucraina e Kiev in tre giorni come aveva immaginato, allora ha modificato la sua strategia prendendo di mira specificatamente donne e bambini”. “Alcune, tra le donne violentate, sono state impiccate – ha aggiunto la parlamentare Maria Mezentseva -. Stiamo raccogliendo gli elementi di prova sui crimini di guerra per portarli a l’Aja”. La vicepremier ucraina Olga Stefanishyna, poi, parla di “genocidio”. “Stiamo cercando di portar via diecimila persone dall’aerea di Mariupol – spiega – e stiamo verificando, assieme al Procuratore Generale le notizie di donne stuprate o uccise dai militari russi. Ci sono storie orribili. Ogni singolo soldato che abbia commesso questo crimine di guerra verrà chiamato a risponderne. Donne ucraine, noi rimarremo unite e prevarremo! I pubblici ministeri hanno avviato duemila indagini a carico delle truppe russe, anche con l’accusa di stupro e omicidio. Tutti coloro che commettono atti perseguibili dovranno essere giudicati”.

Testimonianze di stupri e violenze arrivano anche da Ihor Sapozhko, sindaco di Brovary, città di circa 140mila abitanti a 20 km da Kiev. “I soldati russi violentano le donne delle nostre regioni – accusa -. E’ un problema grave, ancora non capiamo quanto diffuso. Ma siamo già a conoscenza di casi specifici”. Al Corriere della Sera Sapozhko racconta anche di casi specifici di violenza inaudita, come quello di Oleksiy Zdorovets, 36 anni, ex segretario del Comune, e della giovane moglie Maryna: gli uomini dell’esercito russo sarebbero entrati in casa loro, nel villaggio di Nova Bohdanivka, uccidendo l’uomo a sangue freddo e stuprando la donna. “I vicini di casa l’hanno trovata nuda e confusa vicino al figlio piccolo – dice Sapozhko -. Ma ancora non siamo riusciti a portarla in salvo”. Sui social circola già il nome del presunto stupratore: l’ufficiale russo Michail Romanov, che sarebbe già stato ucciso dai soldati ucraini. “Dai racconti dei testimoni – dice ancora il sindaco di Brovary – risulta che alcuni comandanti russi aizzino i loro soldati ad aggredire le mogli e le figlie dei nostri militari o dei volontari civili combattenti che trovano nelle case. In altri frangenti sappiamo che i violentatori sono stati puniti. Ci hanno detto da più fonti che almeno in una circostanza hanno violato le nostre soldatesse catturate durante la battaglia all’aeroporto di Hostomel, nei primi giorni della guerra”.

Pochi giorni fa anche l’attivista irachenaNadia Murad e il medico congoleseDenis Mukwege, premi Nobel per la pace, avevano rivolto un appello per vigilare che le donne non fossero vittime di abusi. Appelli rimasti inascoltati.