di Francesco Rubera
Questa crisi, che sembra al buio, in realtà è la crisi di governo più limpida degli ultimi anni. Sicuramente più limpida della crisi di governo voluta da Salvini nel Conte 1. Salvini aveva fatto i conti con i numeri, per ragioni di mero opportunismo, ma non aveva fatto i conti con l’oste, peccando di presunzione e fuoriuscendo dalla compagine governativa che aveva guidato da vice premier e ministro dell’Interno.
Renzi per mero trasformismo accettò di salvare il governo Conte, con il Conte bis, ma con questa crisi è andato un tantino sopra le sue aspettative. Infatti, un partitino al 2% non può pretendere di far cadere l’attuale governo senza pagare il prezzo dell’estinzione. E probabilmente ci riuscirà pure, a farlo cadere, ma su questa vicenda ha distrutto la sua immagine e la sua reputazione politica, già massacrata con la sconfitta al referendum costituzionale.
Purtroppo, per quanto una posizione sostanziale possa essere condivisibile, come quella di Renzi, tuttavia in politica, molto spesso, la forma ha lo stesso valore della sostanza. Si chiama pertinenza. Vi sono momenti in cui il bene comune va oltre gli interessi di un partito ed una singola azione è impertinente in determinati momenti, anche se fondata su principi sacrosanti. Sono quei momenti in cui occorre tapparsi il naso e rimandare le battaglie e le crisi di governo a momenti successivi, perché necessita salvaguardare il bene collettivo. Renzi, per molto poco (non si è ancora compreso cosa volesse: il ponte sullo stretto? Gestire i fondi Europei?) ha messo in discussione un valore superiore, che è l’unità di indirizzo politico, in un momento in cui il popolo italiano, stremato dalla pandemia ha necessità di ricucire gli strappi dell’imposizione e della crisi economica nata per tutelare la salute collettiva.
Renzi ha messo in discussione l’Italia e gli italiani con oltre 80.000 morti di fronte all’opinione pubblica internazionale, anteponendo le sue antipatie nei confronti di Conte rispetto al bene collettivo della nazione. In questa vicenda ha dimostrato ancora una volta scarso senso civico e non solo politico. E se nella sostanza ha avuto il merito di sollevare un dissenso forte, contro un governo che dell’assistenzialismo ne ha fatto una bandiera, dall’altro lato, con l’intempestività della sua azione ha sminuito questa battaglia, dando un taglio diverso, in termini di comunicazione, al suo obiettivo mancato.
Infatti, Renzi oggi appare come un rottamatore incallito, ma fallito, dote che in politica è una palla al piede. Conte esce più forte, nonostante non abbia i numeri per governare in questo momento, ma la scelta di Renzi lo ha reso immune da critiche, anzi esce vittima della violenza verbale e politica del rottamatore, fuoriesce il salvatore della patria, ma certamente non è dotato di tale carisma in questo momento, anche se ci ha provato, fallendo. Resta da vedere quali siano gli scenari nuovi per comporre la crisi.
In realtà non potrà risolversi con una virata di Renzi, poiché anche se così fosse, ci troveremmo di fronte ad un governo della crisi bis. In realtà Renzi è da un anno che fa opposizione dentro la maggioranza e ce ne eravamo accorti sin da tempi non sospetti. Nessuno ha mai compreso cosa facesse dentro la maggioranza da costante oppositore rispetto alle scelte di Conte e dei suoi alleati. Sarà stata solo una questione di poltrone? Probabilmente sì, ma sta di fatto che questa nuova crisi deve essere risolta presto, poiché il prezzo più alto lo pagheremo noi Italiani, nella speranza che ce ne ricorderemo alle urne.