Ha ceduto il posto sul bus che il 24 febbraio lo lo avrebbe riportato in salvo in Italia a due mamme e ai loro bambini. Ma ora Antonio Antonelli, 67 anni, originario della provincia di Rieti, è rimasto bloccato a Nova Kachovka, vicino Kherson, sotto le bombe dei russi.
“C’erano due mamme e sei bambini, con mia moglie ci siamo guardati e abbiamo pensato che stavamo facendo la cosa giusta. E abbiamo ceduto i posti – racconta a Il Messaggero il sessantasettenne imprenditore originario di Montisola di Contigliano, nel Reatino -. Mentre aspettavamo il bussfrecciavano sopra di noi aerei russi a bassissima quota. La battaglia per conquistare la zona è durata una settimana”.
L’uomo e sua moglie hanno scelto di far salire su quel bus sei persone al posto loro, due donne e quattro bambini. E ora Antonelli è nella lista dei 346 italiani bloccati in Ucraina che non possono rientrare in Italia perché i russi non permettono i corridoi umanitari. I due coniugi sono ancora a Kherson, chiusi in cantina cercando di trovare riparo dalle bombe che piovono dal cielo. Hanno accolto altre due famiglie, tra cui 4 bambini, che avevano perso la casa a causa dei bombardamenti. “Abbiamo delle cantine e ci siamo riparati lì per paura delle bombe- racconta -. Non è stato facile, era freddo e ci siamo anche ammalati. La casa ha molte crepe dovute ai bombardamenti che, a meno di un chilometro, hanno raso al suolo due caserme. In giardino abbiamo la carta delle bombe e sopra le nostre teste passano missili che fanno vibrare tutto”.
Ma la loro vita è appesa a un filo. “Viveri ne abbiamo ancora per 15 giorni, siamo in nove e non è facile, ma dobbiamo tenere duro – conclude Antonio Antonelli, che da 20 anni vive a metà tra l’Ucraina e l’Italia -, al limite ci rivolgeremo alla Caritas del posto, chiederemo aiuto. Certo, la paura è tanta. Dalla Farnesina ci hanno detto che verranno a prenderci appena apriranno un corridoio”.
Nel frattempo non resta che cercare di restare vivi. Pregare e sperare.