Spesso la scuola italiana non sa che pesci prendere con gli alunni disabili

di Alessandro Giuliano Peru

A scuola gli alunni disabili hanno diritto ad un insegnante di sostegno. Un insegnante che affianca gli altri docenti nel lavoro con la classe e che ha il ruolo di garantire l’inclusione scolastica degli alunni con disabilità.

Il lavoro dell’insegnamento per un docente è interessante e stimolante per definizione e nel caso dell’insegnante di sostegno è certamente sfidante. Per diventare insegnante di sostegno nelle scuole primarie e dell’infanzia, bisogna fare un tirocinio di specializzazione della durata di un anno dopo l’ottenimento del: titolo di abilitazione all’insegnamento, diploma magistrale con valore abilitante e, due annualità di servizio (anche non continuative) svolte negli ultimi otto anni.

Per la scuola secondaria invece, è sufficiente avere solo la laurea magistrale e il titolo di abilitazione per accedere al tirocinio di specializzazione.

Ma cosa non funziona? E con cosa la scuola non fa i conti?

Assurdo dirlo, ma la scuola, non fa i conti proprio con la condizione di disabilità degli alunni. La disabilità che è bene ricordare, è una condizione di limitazioni che investono non solo gli aspetti fisici di un alunno, ma molto spesso anche quelli cognitivi e comportamentali. Si parla per questo di disabilità complesse.

Purtroppo però, molto spesso, gli insegnanti di sostegno non sanno gestire tutti gli alunni disabili. Questo perché la formazione che hanno è basata su insegnamenti interdisciplinari, che non è sufficiente a garantire il supporto e l’aiuto agli alunni con importanti complessità. Solo per fare un esempio, pensiamo ad alcune forme di autismo che necessitano dell’uso di particolari metodologie per l’apprendimento e la gestione del comportamento, oppure agli alunni che hanno lesioni cerebrali e che possono avere problemi sul piano della interazione e della sfera comportamentale. Tutti aspetti questi che dovrebbero essere ulteriormente approfonditi con specializzazioni in modo che sulla base delle specifiche competenze, la scuola possa affiancare, attraverso una valutazione ex ante, l’insegnante più idoneo all’alunno disabile.

Oggi invece l’obiettivo è solo quello di affiancare il sostegno, senza necessariamente fare un ragionamento qualitativo perché la formazione è standard. Peraltro spesso con insegnati che cambiano frequentemente anche durante l’anno scolastico con grave pregiudizio sulla continuità didattica e del percorso di lavoro intrapreso in classe. Tutti aspetti che hanno un impatto sugli alunni da un punto di vista della tenuta emotiva e spesso comportamentale.

Tutto ciò si traduce in un problema per i genitori che si trovano a non avere il dovuto supporto dalla scuola e devono fronteggiare quotidianamente la totale impreparazione degli insegnanti. Per far fronte a questo, i genitori forniscono spesso con proprie risorse, un supporto attraverso psicologi, neuropsichiatri e altre figure che affiancano la scuola con indicazioni, strumenti e linee-guida per gestire l’alunno. Ciò nonostante, in tantissimi casi gli insegnanti di sostegno non sanno comunque seguire le indicazioni dei professionisti forniti dai genitori poiché evidentemente la loro formazione non è sufficiente.

A fronte di questo, ad ogni problema, molto spesso, la scuola non prende mai iniziative progettuali ad hoc per il bambino coinvolgendo direttamente le figure professionali adatte. Questo, nonostante potrebbe farlo tranquillamente con risorse proprie o in collaborazione con gli enti locali o il MIUR, ma al contrario, scarica sui genitori ogni problema che l’alunno può creare, nonostante il fatto che il bambino è di fatto preso in carico dalla istituzione scolastica durante le ore di lezione.

Questa è la situazione che quotidianamente tanti genitori si trovano ad affrontare con i propri figli e quello che invece deve necessariamente cambiare nell’immediato futuro. 

La disabilità va ripensata profondamente in Italia dal punto di vista del supporto e aiuto alle famiglie e dei servizi sul territorio che troppo spesso non sono adeguati e sufficienti.

Uno strumento per affrontare questa riforma, potrebbe essere quello del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che prevede un miglioramento dei processi di reclutamento e di formazione degli insegnanti e una riforma per una legge quadro sulla disabilità.  

Su questo, tutti siamo chiamati in causa per dare un contributo fattivo per costruire un modello che funzioni. 

La Buona Destra, farà la sua parte con una sua proposta.